La continua voglia di beffare l'autorità costituita,
unitamente ad alcune voci diffuse per scherzo dall’amico Gianluigi
Marianini (8), contribuì a trasformare il “Re Delirio”, precedente soprannome del pittore, in “Papa nero”. Nel volume Satana ti vuole,
che contiene una delle migliori interviste fatte al pittore torinese,
Alessandri spiega l’operato di Marianini con termini particolarmente
coloriti. Parlando della presunta esistenza di quarantamila satanisti
nell’area di Torino, sostenuta da Marianini in Mistici e maghi ... a Torino,
Alessandri, che molto spesso cercò di smontare questo luogo comune,
liquida l’argomento definendo le affermazioni di Marianini “tutte
balle”. Secondo il pittore la motivazione che spingeva l’amico a
diffondere tali dicerie era il gusto che provava nel raccontare
frottole.
Gusto comune a molti frequentatori della Soffitta Macabra,
che negli anni li spinse ad inventare numerose storie con il solo
scopo di divertirsi, contribuì alla creazione di vere e proprie
leggende come quella già citata riguardante il Musiné. Chi scrive
ritiene necessario riportare il commento di Alessandri in maniera
completa: “Prendete ad esempio l’intervista a Marianini, che sostiene
che a Torino ci sono quarantamila satanisti. Io lo conosco da
quarant’anni. Tutte balle, tutte balle, un satanista ogni venticinque
persone?... Ma no, lui lo fa così, per il gusto di raccontare frottole:
in questo mezzo secolo le più belle le abbiamo inventate noi, abbiamo
inventato che i dischi volanti sono atterrati sul Musiné con Kolosimo,
un altro amico da tanto tempo, abbiamo inventato qualsiasi cosa.
Insomma, Marianini è religioso: ebbene, fa male alla chiesa dicendo
queste cazzate” (9)
Un altro fatto che contribuì ad accrescere la fama
sacrilega di Alessandri fu la pubblicazione di alcune foto nel volume La città magica. In esse il pittore indossa abiti simili a paramenti sacri, perché impegnato in una rappresentazione teatrale
La fama così guadagnata, in principio lo divertiva,
secondo quanto ricordato dall'ex moglie nell’intervista fatta le da chi
scrive, anche perché, attraverso essa, le vendite dei suoi quadri
aumentarono considerevolmente. Con il passare del tempo,
l’atteggiamento di Alessandri nei confronti delle voci che si
diffondevano sui legami intessuti con una setta satanica lentamente
mutò. Una delle motivazioni che probabilmente lo spinsero a porsi
diversamente, nei confronti di certi argomenti, è da ricercare nella
morte di una ragazza nei boschi di Giaveno (10).
È probabile che l’idea che fosse associato alla morte della ragazza,
lo colpì profondamente, tanto da spingerlo a querelare il settimanale Venerdì di Repubblica
perché in un articolo sul satanismo riprodusse una foto, avulsa dal
resto dell’articolo, in cui lui compariva sul suo balcone. La nomea che
lo vedeva legato a culti satanici crebbe tanto che, col tempo, da
semplice adoratore del maligno si tramutò in vescovo di una chiesa di
Satana, situata nel quartiere torinese della Crocetta.
Uno dei libri che più contribuì ad accrescere le voci in questione, è Casa nostra
di Camilla Cederna. Il testo in questione contiene all’interno molte
notizie errate e tendenziose, tanto da poter essere considerato un
insieme di dicerie malamente raccolte, con lo scopo di impressionare i
lettori (11).
Il testo preso in esame è una conferma di quanto appena sostenuto.
L’autrice, invitata da un conoscente nella villa di Alessandri, fa una
breve biografia del pittore utilizzando come fonte il volume Ora di Luna (12).
Com’è stato sottolineato in precedenza, tutte le notizie narrate nel
volume sono frutto di invenzione quindi, prive di ogni fondamento. Lo
stesso Alessandri era convinto che parte della sua nomea fosse dovuta
al libro della Cederna. Dopo la pubblicazione del testo citato,
infatti, Alessandri cominciò a ricevere telefonate e lettere di persone
comuni che richiedevano il suo intervento attraverso pratiche occulte.
La maggior parte delle volte erano ignorate ma in alcuni casi, quelli
che suscitavano in lui maggior compassione, si faceva spedire qualche
oggetto personale assicurando ai malcapitati il suo intervento; le
lettere contenenti gli oggetti erano quindi buttate via senza che egli
intervenisse in alcun modo. La maggior parte delle volte, pochi giorni
dopo la ricezione del plico il pittore riceveva lettere di
ringraziamento da parte dei “miracolati”, per utilizzare un termine
impiegato da Alessandri, che lo ringraziavano per l’aiuto datogli (13).
Tali voci, che si diffusero tra gli studiosi dell’occulto
e non solo, lo spinsero, a volte, ad intraprendere diverse azioni
legali nei confronti dei suoi detrattori. Una di queste fu avviata nei
confronti di due personaggi molto noti al pubblico. Alessandri fu
invitato come ospite ad una puntata della trasmissione televisiva di
RAI 2 intitolata Uragano, avente come argomento la vita di
alcuni personaggi passati alla storia come mistificatori. Alla fine
della puntata il conduttore, Piero Vigorelli, annunciò l’arrivo di “uno che si vanta di essere un vescovo di satana”,
poi, rivolto ad una donna presente in studio, la professoressa Cecilia
Gatto Trocchi, le chiese se conoscesse il personaggio in questione.
La risposta di quest’ultima fu: “Altro che, l’ho conosciuto a un convegno sul Diavolo a Torino e mi ha chiesto di fare dei riti satanici con lui”.
Alessandri querelò entrambi per diffamazione grave con l’intenzione di
devolvere in beneficenza i proventi ottenuti dal pagamento dei danni
da parte dei due studiosi (14).
Uno
degli argomenti che più infastidiva il pittore di Giaveno, era
sicuramente la voce secondo cui a Torino risiedessero quarantamila
satanisti. Com’è stato precedentemente dimostrato, questa voce fu
confermata da Gianluigi Marianini, anche se la colpa della sua
diffusione non può essere imputata allo studioso torinese. In realtà
essa nacque da una serie di fattori che, sapientemente manipolati dai
media, trasformarono Torino in una città nera. Uno di questi fattori è,
sicuramente, un convegno dal titolo “Diábolos-Diálogos-Dáimon” che si tenne a Torino nel 1988. A causa di ciò molti quotidiani e settimanali a tiratura nazionale e non solo (15), indicarono il capoluogo piemontese come città oscura “dove risvegliare certe forze è più pericoloso che altrove” (16).
Un altro fattore che contribuì a rendere Torino una città legata
indissolubilmente al maligno, è l’esistenza di un decreto di Carlo
Emanuele III, risalente al 21 luglio 1773, imponeva la pena di morte ad
ogni persona riconosciuta colpevole di pratiche stregonesche (17).
Questo decreto è stato più volte utilizzato dai sostenitori delle
teorie secondo cui Torino sarebbe, appunto, una città popolata da
adoratori del demonio già dal XVIII secolo. Com’è stato detto,
Alessandri si opponeva apertamente a tali teorie in parte perché le
riteneva ridicole e in parte perché, essendo uno studioso dell’occulto
,le trovava prive di fondamento in quanto non confermate da fonti
attendibili. Lui stesso ammise di aver conosciuto, intorno alla metà
degli anni cinquanta, uno degli ultimi fedeli dell’ultima chiesa
satanica torinese, smantellata proprio in quegli anni. Il personaggio
in questione era un clochard torinese conosciuto dal pittore in un bar nei pressi della Mole Antonelliana, che si faceva chiamare Papé Satàn (18).
In genere Alessandri gli offriva da bere per poterlo ritrarre ma una
sera questi, dopo aver lasciato un po’ di vino nel bicchiere, lo
consacrò con i gesti e la formula del rituale cristiano. In seguito
confessò ad Alessandri di essere un prete spretato (19)
e di essere rimasto l’unico fedele ancora lucido, essendo gli altri due
rimasti, uno troppo vecchio e l’altra chiusa in manicomio a causa di
problemi mentali (20).
Da questo personaggio il pittore ereditò buona parte degli strumenti e
dei paramenti che andarono in seguito a formare la sua collezione di
oggettistica occulta. Questa collezione contribuì ad accrescere la sua
fama di pittore maledetto, anche se, come ribadì spesso, non utilizzò
mai nessuno degli oggetti in questione. La suddetta collezione, ora di
proprietà di una amico del pittore, Aldo Proserpio, annovera alcuni
oggetti unici al mondo, tutti, o quasi, rappresentati in opere del
pittore. Buona parte degli oggetti sono stati raffigurati o descritti
nel volume “Ora di Luna”, storia surreale di come Alessandri si
avvicinò ad una congrega oscura. Dopo una breve introduzione, avente
per oggetto la storia di Francesco Prelati e l'evocazione del demone
Baron per conto di Gilles de Rais, all'interno del volume, riccamente
illustrato da disegni che ricalcano i Pascal, opere giovanili
dell'autore, trovano spazio alcuni dei più interessanti pezzi di questa
collezione.
Tra gli oggetti più particolari, figurano tre bocce di
legno ricoperte di chiodi. Questi oggetti, risalenti ai primi decenni
del secolo scorso, al loro interno dovrebbero contenere capelli, peli e
unghie umani e venivano utilizzate nel corso di rituali occulti con
lo scopo di legare e danneggiare le vittime designate. Com'è già stato
sottolineato, alcuni di questi oggetti erano raffigurati nelle opere di
Alessandri, alcuni più frequentemente di altri. È questo il caso di
una coppia di candelabri risalenti alla prima metà del secolo scorso.
Secondo quanto sostenuto dal pittore in un'intervista contenuta nel
volume “Satana ti vuole”, questa coppia di candelabri, alti circa 30 cm
e raffiguranti una gallina, un serpente e un volto cornuto,
proverrebbero da una chiesa di satana di Copenaghen ed erano , sempre
secondo quanto sostenuto dal pittore da una lega di piombo, ferro,
rame, stagno, antimonio. Nello stesso volume è descritto un oggetto che
però non è raffigurato chiaramente. Si tratta di un rospo di bronzo
proveniente da Praga, creato versando bronzo fuso su un vero rospo,
secondo la tradizione. Questo procedimento è poco credibile,
piuttosto è possibile che il calco del rospo sia stato ricavato
dall'animale e successivamente riempito di bronzo. A detta del pittore,
anche questo oggetto veniva utilizzato durante le messe nere, più
precisamente era adorato come ricettacolo del maligno.
Tra gli oggetti legati al mondo dell’occulto più
caratteristici possono essere annoverati tra le altre cose, una testa
di cinghiale che, secondo quanto sostenuto da Alessandri, era posta in
una dependance di una reggia di proprietà dei Savoia e diverse
statuette lignee trafitte da chiodi, utilizzate, secondo il principio
della magia simpatica, per danneggiare le vittime designate. Nella
collezione trovavano spazio, inoltre, un barattolo contenente denti
umani e la zampa di un capro imbalsamata, anch'essi utilizzati durante i
rituali occulti anche se, probabilmente, uno degli oggetti più
caratteristici è un altare portatile per eseguire le messe nere. Nella
tradizione cristiana si diffusero prevalentemente durante il XVIII e il
XIX secolo ad opera dei missionari. Secondo lo stesso principio,
quello di poter celebrare una funzione liturgica anche se lontani da
una cappella consacrata, questo altare contiene al suo interno tutto ciò
che poteva servire nel corso di una messa nera. Più specificatamente
sono ravvisabili due candelabri sui quali venivano inserite due candele
nere fatte di grasso umano, un drappo con ricamata una croce
rovesciata, un teschio umano utilizzato per contenere le ostie
sconsacrate, un calice, un leggio ed un pugnale in ferro. Sempre in
ferro sono costituiti due pugnali della medesima collezione. Entrambi
ricavati da frammenti di granate risalenti alla prima guerra mondiale,
furono forgiati per essere utilizzati durante le messe. La scelta
ricadde sui frammenti di granate perché intrisi già di sangue umano
quindi magicamente più ”carichi”. Tra gli oggetto provenienti dalla
cappella, dotati di caratteristiche peculiari, possono essere
annoverati uno scettro di ferro simile ad uno utilizzato da Aleister
Crowley e un patto stretto con un demone da una strega dei primi
decenni del '900. Dalla data presente sul documento è presumibile che
risalga al 1926 e che la durata del legame dovesse essere di 25 anni.
Le scritte presenti in esso sono principalmente redatte utilizzando
caratteri che ricalcano alcuni alfabeti magici tra i quali spiccano, i
sigilli raffigurati nella Filosofia Occulta di Enrico Cornelio Agrippa e alcuni alfabeti presenti nella Clavicula Salomonis o
Chiave di Salomone, testo probabilmente redatto a cavallo tra il
sedicesimo e il diciassettesimo secolo.(compare la prima versione
stampata nel 1629). Una prima analisi evidenzia alcune caratteristiche
interessanti, è singolare ad esempio la cura con cui il testo è
redatto, che testimonia perlomeno una conoscenza di base della
calligrafia e della pittura. Questo ed altri elementi quali ad esempio
la presenza di una croce di Gerusalemme o di alcuni piccoli particolari
pongono alcuni dubbi sull'origine della pergamena in questione, dubbi
che potranno essere chiariti solo da esami più accurati. Se di alcuni
di questi oggetti sono insicure le origini, di uno di essi almeno si
conosce la leggenda: la Mano di Gloria. Secondo la tradizione magica,
al mondo attualmente esistono solo 3 di questi artefatti: una è
conservata a Praga, ma di essa si sono perse le tracce, una è
conservata a Londra, e un'illustrazione della stessa si trova
nell'enciclopedia Man Mith and Magic e la terza è appunto quella di
proprietà di Alessandri. A differenza di quella conservata a Londra, in
avanzato stato di decadimento, quella che era di proprietà dai
Alessandri è conservata in ottime condizioni, come si può vedere dalla
foto. Questo è dovuto, probabilmente dall'autore della stessa, lo
studioso Girolamo Segato (21),
scopritore di una tecnica per conservare i tessuti umani erroneamente
definita pietrificazione. Attraverso questo procedimento Segato era in
grado di conservare i tessuti umani lasciandone intatta la colorazione e
l'elasticità.
Le motivazioni che spinsero il pittore a vendere buona
parte di questi oggetti, sono da ricercarsi nelle credenze religiose
maturate nel corso di una vita. Alessandri fu educato alla religione
cattolica ma, a suo giudizio, non poteva considerarsi un buon
cristiano. Egli, infatti, non credeva nell’esistenza del Diavolo come
entità, come invece ribadì Paolo VI nell’Udienza generale del 15
novembre del 1972. Sin da quando era bambino, fu terrorizzato dall’idea
dell’inferno ma, crescendo, acquisì la consapevolezza che né lui, né
nessun altro essere umano, avrebbero potuto ferire Dio tanto da far sì
che Egli gli negasse il perdono. Con gli anni, accrebbe in lui la
convinzione che il Diavolo non fosse altro che un’istituzione
utilizzata dalla Chiesa per spaventare i credenti. Pur non credendo al
Diavolo, egli scelse di raffigurarlo per puro interesse pittorico
insieme ad altri soggetti che stimolavano la sua fantasia quali le
streghe, i sogni e i fumetti.
È interessante notare che il non credere alle entità infere e nella
possessione diabolica, considerava, infatti, l’Inferno come un tormento
interiore e la possessione una manifestazione di turbe psichiche, non
pregiudicava il fatto che credesse nel satanismo come fenomeno storico.
L’analisi dell’evoluzione del culto di Satana, dal medioevo a oggi, lo
affascinava soprattutto nel suo aspetto di opposizione al potere
costituito.
ogni volta che Alessandri veniva interrogato
sull’origine o l’esistenza del satanismo rispondeva in maniera molto
scettica. Come egli stesso affermò (22),
dopo anni di esperimenti e di studi sull’occulto giunse alla
conclusione che, benché una mente bene allenata potesse incidere su
altre da lui definite inferiori, l’idea che i demoni si mostrassero se
evocati era da ritenersi assurda. Ciò non significa che rifiutasse a
priori tutte le manifestazioni non spiegabili scientificamente, ma
piuttosto sottolinea quanto seriamente si dedicasse alla ricerca nel
campo dell’inspiegabile. Alessandri riteneva possibili alcuni fatti,
primo tra tutti la telepatia. Con tale termine, egli non intendeva la
capacità di trasmettere pensieri ma piuttosto sensazioni. Quest’idea,
comune nella cultura lamaista, riflette un aspetto del suo rapporto con
il sacro, troppo spesso dimenticato. Egli, infatti, si definiva in
parte cristiano e in parte buddhista. Con questo termine Alessandri si
riferiva al buddhismo Mahayana di cui condivideva alcune idee, quali ad
esempio l’aspetto caritatevole.
Com’è stato detto in precedenza, ad un certo punto della
sua esistenza, il pittore decise di vendere quasi tutta l’oggettistica
legata al mondo dell’esoterismo occidentale. I proventi di queste
vendite, spesso, servivano per acquistare statue ed oggetti tibetani.
Con gli anni la sua collezione di oggetti, che in seguito alla sua
morte fu in parte smembrata, divenne una delle più ricche d’Europa.
Com’è stato sottolineato all’inizio del capitolo, per
comprendere pienamente le opere dell’artista è necessario considerare
il suo modo di approcciarsi alle tematiche sacre. Un aspetto poco
conosciuto, a causa della scarsità di fonti, di questo rapporto è
quello legato alla Massoneria. Alessandri, come ricordato in
precedenza, fu rifiutato dal G.O.I., probabilmente a causa della nomea
che lo accompagnava. Egli entrò comunque in un ordine massonico nel
quale rimase fino alla fine dei suoi giorni, più precisamente nell'
A.L.A.M. . La sua appartenenza a quest'ordine è stata confermata da
persone che gli furono accanto per molti anni ma che preferiscono
rimanere anonime. Se questo non bastasse alcuni dettagli sembrano
confermare la sua appartenenza a questa osservanza. Una parziale
conferma é data dal contributo prestato da Alessandri per un volume
pubblicato per i membri di una loggia torinese Casa Massonica della
Serenissima Gran Loggia Nazionale degli A.L.A.M. allo Zenith di Torino,
presso il Centro Culturale “Il Nunzio”di via Rossini 14 . Il titolo
del volume è Al Femminile (23)
e di esso vennero pubblicate cinquecento copie riservate ai fratelli e
alle sorelle della loggia. Al suo interno sono raccolti una serie di
saggi aventi come oggetto la figura femminile e i rapporti con la
mistica attraverso i secoli, intervallati da alcune Bambole di
Alessandri, che disegnò anche la copertina del volume. Oltre a questo
particolare, già di per se alquanto indicativo è da sottolinearsi il
fatto che Alessandri, da sempre interessato allo studio
dell'esoterismo, si rivolse al rito scozzese, sicuramente dedito ad un
maggiore studio di tale materia.
Con il passare degli anni la fama ereditata cominciò a stancare Alessandri fatto dimostrato, da numerose interviste in cui ribadiva la sua estraneità all'adorazione del maligno. È possibile ravvisare un diverso approccio nei confronti dell'occulto anche dalla produzione artistica relativa agli anni 80 e 90 quando Alessandri dipinse le opere denominate “I Posti”. Se in passato i riferimenti al mondo dell'occulto erano rappresentati fedelmente e con un alone di rispetto, in questa raccolta è evidente la volontà di non prendersi troppo sul serio. Ne “I Posti” compaiono personaggi e simboli occulti spesso inseriti in contesti grotteschi. È il caso, ad esempio di Aleister Crowley. È interessante notare che un quadro di Alessandri fu scelto per la copertina dell’edizione italiana di un romanzo di Crowley. Il libro in questione è “La figlia della Luna” (24), testo che fece sì che il pittore torinese fosse ricollegato all’occultista per molto tempo. È probabile che Alessandri scelse, ironicamente, di raffigurarlo nei suoi quadri per beffarsi di chi lo considerava un suo adepto, fatto in parte confermato dall’espressione caricaturale disegnata sul volto dell’occultista e dalla maglia con su scritto 666. in un altra opera, Crowley è ritratto insieme a quelli che Alessandri definisce come i rappresentanti del male sulla terra, nella fattispecie Hitler, Rasputin, Stalin e il capro di Mandes.
È interessante sottolineare quanto Alessandri fosse lontano dall'essere il effettivamente legato a pratiche rivolte al male. Profondamente Cattolico, grande fedele di Padre Pio e di Madre Teresa di Calcutta, donava parte del ricavato delle sue opere a 14 enti caritatevoli differenti. Queste donazioni, che consistevano nel 25% del ricavato della vendita di ogni quadro, avvenivano spesso prima di ricevere il compenso per l'opera venduta. Secondo Alessandri, che per versare queste quote si trovava spesso in ristrettezze economiche, ciò che donava gli sarebbe tornato indietro moltiplicato, quasi fosse una sorta di ricompensa karmica, cosa che, a detta di amici e conoscenti, spesso avveniva. Alla base di questa pratica si può ravvisare un ragionamento che può essere definito magico, il fatto che tutto ciò che viene ottenuto per mezzo della magia debba essere ripagato a prescindere dal risultato.