Quale strana idea da parte del potere pubblico di inviare da 350 anni
dei giovani artisti in un altro paese! Fin dalla creazione
dell'Accademia di Francia a Roma nel 1666, il principio di una tale
istituzioni è inedito. Sarà tuttavia imitato da tutte le altre nazioni
d'Europa e oltre che ivi fonderanno a loro volta delle accademie. Ma
perché Roma? Cosa si viene a cercare? Cosa si viene a fare? Il proposito
della mostra è di interrogare la natura di questo luogo in seno alla
produzione dei borsisti da 350 anni. L'acquisizione di Villa Medici nel
1803 da parte di Napoleone Bonaparte è la proclamazione altisonante
delle ambizioni della politica artistica dello stato francese. Il
prestigio del luogo e della sua visibilità sulla sommità di una delle
colline di Roma, fornisce tutto il suo significato a questa istituzione.
Tuttavia esso si esaurisce alla fine del XIX secolo, allorché la
modernità sfugge al controllo dello stato. Per la prima volta nella
storia infatti, l'arte ufficiale diventa sinonimo di "arte del potere" e
l'aggettivo accademico diviene un insulto. La grande riforma voluta da
Malraux agli inizi degli anni Settanta cambia alquanto radicalmente la
situazione. La creazione artistica a Villa Medici ricomincia ad esistere
attraverso la sperimentazione. Questa profonda trasformazione che ridà
nuovo impulso all'istituzione, è però ancora una volta la reazione da
parte dello stato. La presenza stessa dell'istituzione a Roma giustifica
il cambiamento. E così che la domanda dello straniero, del confronto
con l'altro, tra convocazione ed occupazione, si pone costantemente per
ogni borsista, per ogni visitatore, per il personale dell'istituzione.
Essere stranieri rinvia immediatamente alla questione dell'identità,
tema così prominente ai nostri giorni, in un'Europa che si confronta con
l'emigrazione, i movimenti, la mondializzazione.
MOG00