Paolo Elia Sala

La Divina Commedia in dialetto

Il capolavoro dantesco tradotto in dialetto alto – lombardo.

Descrizione

Dante e il dialetto: un confronto stilistico e non solo

 È possibile leggere lo stile di Dante, alto e complesso, attraverso il nostro dialetto?

Alla base del gigantesco lavoro del traduttore Paolo Elia Sala c’è proprio questa domanda.

Partito da un’idea del tutto sperimentale, Sala è riuscito a rivestire il capolavoro dantesco di una nuova lingua.  Quello di Sala è un dialetto ricco, efficace, duttile, in grado di ricreare l’atmosfera di Dante, di seguire il flusso del suo linguaggio,  senza mai tradirne lo spirito. Dal testo emerge la straordinaria vivacità ed efficacia dell’espressione dialettale nel risolvere certe difficoltà del discorso dantesco che, a prima vista, si sarebbero potute ritenere insuperabili.

“La novità della mia opera consiste nell’aver messo in atto una traduzione effettiva e non un rifacimento in chiave più o meno umoristica, burlesca o parodistica del grande poema”.

Paolo Elia Sala

Ad arricchire l’opera: 46 illustrazioni di Giuseppe Allevi che mostrano luoghi, personaggi, situazioni, creature orrende, visioni angeliche dei passaggi più belli della Commedia.

Il dialetto nella Divina Commedia: una contaminazione di linguaggi.

L’opera è stata tradotta principalmente con il dialetto di Torno.

Il dialetto di Torno appartiene al ceppo delle parlate comasche e, tra di esse, è forse quella più prossima al dialetto di Como città.

In esso però sono confluite anche voci di altri dialetti di tipo lombardo – milanese e in particolare quelle dei vernacoli, come il milanese. Si trovano anche traccia del ticinese, attraverso i tanti spostamenti dei tornaschi e anche modi di dire dei paesi dell’alto Lario fino alla Valtellina.

In del bell mezz del viàgg de nosta vita

me sunt impetulaa dent in d’un busch:

èri perdüü la strada, quella drizza,

in del garbüi di piant e, per ul fusch,

andavi in giir ‘me ‘n oorb, pien de pagüra,

pestandu dent, de scià e de là, i mè crust.