"Su Giacimentu di Enna 'e Pedra" è una farsa campidanese in tre atti. È una delle prime commedie che ho scritto in lingua sarda campidanese. In questa, come in altre farse, ho cercato di ribaltare i canoni della comicità di questa tipologia di commedie. Infatti, mentre nella farsa campidanese classica, i grandi maestri (Garau, Melis e altri) suscitavano le risate mettendo in scena dei Sardi incapaci o buffi nel parlare la lingua italiana, io ho cercato di fare il contrario: nelle mie commedie sono gli Italiani a fare la figura dei buffoni, incapaci come sono di parlare la lingua sarda. Per quanto riguarda la trama siamo alle prese con una coppia di poveri pescatori che ha ereditato uno sterminato podere sassoso e incoltivabile in una località del Sulcis-Iglesiente (Enna 'e Pedra per l'appunto). A un certo punto un imprenditore milanese mostra interesse per il terreno dei poveri pescatori, offrendo un mucchio di soldi per il suo acquisto. Peppantoni, uno dei coniugi che ha ereditato con i fratelli il terreno di Enna 'e Pedra non ci vede chiaro. Seppure ostacolato da sua moglie Cosimina (che ha visto finalmente l'occasione buona per uscire dalla miseria) e grazie alla loro intraprendente e intelligente figlia Maria, viene a scoprire che l'imprenditore milanese (un certo Giovanni Bartolone Tropelli ) ha ottenuto dalla Regione Sarda e dallo Stato Centrale svariati miliardi di lire, ingannando gli enti pubblici (o forse in complicità con alcuni politici corrotti) e convincendoli che nel terreno sardo esiste un ricco giacimento di petrolio da sfruttare, e grazie al quale egli creerà dei posti di lavoro, e grazie all'indotto, sconfiggerà la povertà e l'isolamento socio-culturale della Sardegna. Nel terzo atto si scoprirà che l'ingegnere milanese è un lestofante che ha ordito una colossale truffa a danni dei Sardi e che non c'è nessun petrolio da estrarre in terra sarda. Verrà così sbugiardato con l'aiuto di un giovane geologo tedesco Federico, figlio di emigrati sardi, di cui Maria, corrisposta, si innamorerà.