JUNICHIRO TANIZAKI 
LA CHIAVE 
CDE 1984


   Genio crudele, regina degli arcani della seduzione, la donna in Tanizaki è colei che, come il grande scrittore giapponese narra in Due amori crudeli, sparge i «semi della distruzione»: la propria e, soprattutto, quella altrui. Di volta in volta femme fatale, oziosa borghese o bambola servizievole, la donna ha sempre lo scettro del comando dei sensi, del loro trionfo e, soprattutto, del declino che apre i battenti allo spettro della morte. Che si tratti di un vieux fou, di un damerino indifeso, di un sofisticato dandy, l'altro sesso non è che il comprimario del tragicomico teatro dei sensi allestito dal genio crudele della donna. Apparsa per la prima volta nel 1956 e accolta dallo sdegno dell'epoca per il suo presunto contenuto «immorale», "La chiave" è un'opera che compendia perfettamente questa concezione dell'eros di Tanizaki. Come nell'Amore di uno sciocco o nel Diario di un vecchio pazzo, anche nelle sue pagine si assiste al dramma di un uomo succube dell'«energia rara e impareggiabile della donna», un professore cinquantaseienne, «desolato per non essere in grado di assolvere pienamente» i suoi doveri di marito. Un dramma che si risolve puntualmente in un sottile gioco che si addentra nei meandri tortuosi e contraddittori dell'eros. L'opera si presenta nella forma di un romanzo composto dai diari dei due coniugi. La chiave di un cassetto, lasciata cadere forse per calcolata sbadataggine, è lo stratagemma attraverso il quale umiliazioni, maltrattamenti e gelosie si offrono al duplice voyeurismo della coppia e ne ridestano il desiderio.

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