nuovo, mai letto
brossura con risvolti cm. 21 pag. 222
Genova, 14 agosto 2018 «Potevo esserci anch'io». Quanti di noi si
sono fatti sgomenti questa domanda dopo le 11.36 del 14 agosto 2018? Il
Ponte Morandi non era solo "il ponte levatoio" di Genova, ma l'accesso
alla riviera, alle vacanze, agli affari del porto e della zona
industriale. Per questo la tragedia poteva essere ancora più immane. Se
non fosse stata la vigilia di Ferragosto, se avesse fatto bel tempo, se
il Ponte fosse crollato sopra i condomini con oltre 700 persone. Su
quell'asfalto percorso da un traffico superiore alle sue forze, che si è
sbriciolato in una valle piena di lacrime, quel 14 agosto la città è
cambiata per sempre. Si è spaccata in due come quel gigante di cemento
armato, con un dolore impossibile da cancellare. Eppure, in quello
stesso momento un popolo intero si è ritrovato nella voglia di
combattere e ricostruire. Nessuno può raccontare quel dramma meglio di
un genovese, uno che quelle strade le ha vissute, respirate - e poi
studiate per lavoro -, sin dal 1989. Da quando un assessore della giunta
comunale, di ritorno da Roma, gli confida: «Quel Ponte non ce la fa
più, è a rischio crollo». Nello stesso anno, l'ingegner Riccardo
Morandi, preoccupato più di tutti per la propria opera, ripeteva come un
mantra ai suoi collaboratori: «Controllate quel Ponte, verificate il
cemento». Come si tiene d'occhio un figlio che prende una cattiva
strada. Con animo da cronista, grazie anche alle testimonianze dirette
dei protagonisti, Franco Manzitti entra negli angoli più nascosti. E
svela tutto quello che è successo. Prima e dopo. Lì dove permane quel
tonfo sordo e indimenticabile, che ha rimbombato per giorni in tutto il
mondo.
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