In-16 gr.,brossura,
p. 16, con 8 tavole in bianco e nero fuori testo. Catalogo n. 47 della Bottega
di Poesia. In buon stato. ( cm 20x18 circa).
La chiamata alle Arti di
Ernesto Giuliano Armani
Ernesto
Giuliano Armani è un artista lontano dai clamori della modernità che risponde
per tutta la vita solo al richiamo irresistibile all’arte.
Nato in Val di Sole (Trentino) nel 1898 si
trasferisce presto a Rovereto con la famiglia. Qui, alla Scuola Reale
Elisabettina spicca subito il suo talento ereditato dal nonno, uno stimato
incisore locale. La vita lo porta poi ad affrontare la chiamata alle armi
in Galizia e nello zaino militare custodisce gelosamente un piccolo album
riempito di schizzi ed acquarelli. Di ritorno
dalla Grande Guerra si stabilisce a Vienna dove si iscrive
all’Accademia delle Belle Arti deciso a seguire il suo sogno,
ma viene richiamato a Rovereto per ripristinare la città dopo i gravi danni
provocati dai bombardamenti. Questo impegno gli dà l’occasione di visitare vari
paesi e fissare in disegni le drammatiche situazioni
e condizioni che la guerra aveva lasciato. Successivamente si trasferisce a
Milano dove si iscrive, su volere del padre, alla Facoltà di Architettura.
Dopo un iniziale distacco, lo studio diventa
importante per alimentare il suo interesse per le cattedrali e i grandi
monumenti.
In seguito alla laurea (1922), dimostrandosi insofferente
e poco disponibile a ricoprire qualunque impiego, parte per Berlino, meta in
voga per gli artisti dell’area mitteleuropea. L’anno seguente allestisce la sua
prima mostra personale al Kurfürstendamm, i
quadri proposti sono vedute berlinesi. Gli apprezzamenti che riceve sono
lusinghieri e lo portano a diventare scenografo, prima a
Berlino (culla in quegli anni del cinema moderno con il Gabinetto del dottor
Caligari e Metropolis) e poi a Milano. Nella città meneghina ha la possibilità di
esporre la sua prima personale in Italia (1926) che si rivela un grande
successo di pubblico, di critica e di nuove opportunità come la richiesta di
ritrarre il Vittoriale di Salò. I critici
concordano sul fatto che la sua arte è ancora tipicamente italiana (non troppo
influenzata dalle sue esperienze all’estero) e con un metodo di composizione
arioso che lo avvicina alla scuola lombarda settecentesca. Dal successo seguono
numerose richieste che lo inducono a cimentarsi nel ritratto,
un’arte da cui resta piacevolmente sorpreso.
Un fruttuoso soggiorno ad Anversa (Belgio) e una grande personale a Trento
(1930) fanno da sfondo al suo matrimonio, per poi ripartire in coppia per
Milano e Genova. Durante la II Guerra Mondiale si rifugia in Trentino dove
riesce, per quanto possibile, a dedicarsi alla pittura ritraendo le montagne
con varie condizioni di luce. Dopo questi anni forzati di “esilio” ritorna a
Genova ma non più abituato alla vita di città preferisce ritirarsi a
Bardonecchia dove si reinventa architetto di montagna.
Tuttavia, il richiamo della sua passione è sempre presente e nel 1958 torna
definitivamente alla pittura ad acquerello e immerso nella sua Rovereto
realizza le opere della maturità, cariche di
vitalità e entusiasmo fino alla sua morte (1986).