Uno degli autori più promettenti della nuova generazione della letteratura americana, racconta l'avvenimento che ha cambiato l'America e il mondo attraverso la vicenda di un ragazzino che il dolore ha fatto crescere troppo presto, un bambino dall'intelligenza vivace che racconta in prima persona la sua storia con un linguaggio originale capace di mescolare ingenuità e intuizioni di rara profondità. Alla sua seconda prova narrativa Jonathan Safran Foer, regala ai lettori un romanzo coraggioso sia per il tema affrontato sia per la struttura innovativa, che ricorda la piacevolezza e l'intensità del suo fortunato romanzo d'esordio Ogni cosa è illuminata.
Molto forte, incredibilmente vicino (Extremely Loud and Incredibly Close) è il secondo romanzo di Jonathan Safran Foer, pubblicato nel 2005. È stato uno dei primi romanzi ad affrontare il tema degli attacchi terroristici dell'11 settembre.
Il libro interseca sostanzialmente due storie che si alternano: quella di Oskar Schell, un bambino di nove anni, e quella dei suoi nonni paterni. Oskar ha un dolore incolmabile: ha perso il padre adorato, Thomas Schell, nell'attentato alle torri gemelle dell'11 settembre 2001. Oskar è un bimbo sveglio e stracolmo di creatività, fantasia, sensibilità, curiosità ed intraprendenza. Frugando nel ripostiglio del padre, dentro ad un vaso trova una chiave con una scritta: Black. Si mette a cercare tutti i Black di New York per sapere a chi appartenga e cosa apra. Organizza i nomi in un elenco, divisi per quartieri e comincia a far visita ad ognuno di loro. Dopo ricerche ed incontri strani verrà a capo dell'apparente e banale mistero.
Più complesso l'intreccio della storia dei nonni. Oskar vive con la madre Linda e la nonna, la madre di Thomas. Il nonno paterno non l'ha mai conosciuto così come Thomas non aveva mai conosciuto suo padre. La nonna di Oskar era emigrata in America dalla Germania poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. Qualche mese dopo il trasferimento, camminando per New York aveva incontrato, per caso, il fidanzato della sorella Anna morta a Dresda in un bombardamento. L'uomo era rimasto distrutto da quella perdita e aveva smesso di parlare. Comunica solo scrivendo sui diari e mostrando i palmi delle mani su cui ha tatuato le parole "SÌ" e "NO".
La donna gli chiede insistentemente di sposarla. Lui è riluttante ma acconsente stabilendo rigide regole di convivenza e delimitando con delle strisce sul pavimento gli spazi della casa ciascuno destinata ad una precisa funzione. Lei però desidera un bambino e alla fine rimane incinta ma fa di tutto per nasconderlo. Quando costretta dai tempi, glielo comunica, lui non regge e fugge. Ha paura della vita. Ma decenni dopo quando troverà tra l'elenco delle vittime delle torri, il nome del figlio, si ripresenta alla porta della moglie. Lei è turbata ma non lo scaccia, lo costringe però a rimanere in incognito nell'appartamento, come "l'inquilino" e gli fa promettere di non farsi vedere e soprattutto di non farsi riconoscere dal nipote. I due però finiscono casualmente per incontrarsi. "La vita è più spaventosa della morte" confesserà in incognito all'ignaro nipote davanti alla bara vuota del figlio, riesumata da entrambi di nascosto una notte, e che riempirà con le centinaia di lettere che gli aveva scritto e mai spedite.