splendido

SALVATOR ROSA seguace

PAESAGGIO CON VIANDANTI

olio su TELA

misura cm 43 x 35

con cornice cm 53 x 46

opera di grande respiro di uno dei seguaci del Grande Maestro di Arenella, di cui si nota tutta l'influenza

terzo pezzo in vendita, parte della collezione Furlotti, PANDOLFINI Firenze

opera databile inizio del 700

splendido paesaggio campano con viandanti, un classico dell'epoca

l'opera riporta piccole cadute di colore ( come da foto), soprattutto laterali che non deturpano il dipinto

da non perdere assolutamente

certificato Le Grotte

stima euro 3200/4000

Salvator Rosa (Napoli, 21 luglio 1615 – Roma, 15 marzo 1673) è stato un pittore, incisore e poeta italiano di epoca barocca. Nato partenopeo, attivo oltre che nella sua città, anche a Roma e Firenze, fu un personaggio eterodosso e ribelle, quasi un pre-romantico e dalla vita movimentata.

Nacque il 21 luglio del 1615[1] all'Arenella, allora villaggio fuori porta, oggi popoloso quartiere di Napoli; il padre, Vito Antonio de Rosa, morì quando egli aveva 6 anni, e la madre, Giulia Greca, abbandonò Salvatore e i suoi fratelli, Giuseppe e Giovanna, al nonno, Vito Greco. Questi lo mandò, insieme al fratello, a studiare in un convento - forse di Padri scolopi[2] in quanto lo avrebbe voluto prete o avvocato, ma il giovane Salvatore iniziò a manifestare il suo interesse per l'arte, apprendendo i primi rudimenti della pittura da uno zio materno per poi passare a lavorare con il cognato Francesco Fracanzano e quindi con Aniello Falcone (la cui influenza si avverte ne I pescatori di corallo) e Jusepe de Ribera.

L'apprezzamento da parte di Lanfranco lo spinse a trasferirsi a Roma dove visse per due anni dal 1634, stabilendo i primi contatti con la Scuola dei bamboccianti, che in seguito rinnegherà.

Tornato a Napoli si dedicò all'esecuzione di paesaggi con scene che anticiparono per certi versi alcuni temi romantici come le pittoresche scene di eventi spesso turbolenti, che diede in vendita per somme irrisorie restando anche per lungo tempo nell'ombra sulla scena artistica cittadina che era dominata a quel tempo dal trio Ribera, Battistello Caracciolo, Belisario Corenzio.

Fatto ritorno nuovamente a Roma nel 1638, fu ospite del cardinale Francesco Maria Brancaccio che, nominato vescovo di Viterbo lo condusse a dipingere nella città laziale l'Incredulità di Tommaso per l'altare della Chiesa Santa Maria della Morte, suo primo lavoro d'arte sacra; a Viterbo Rosa conobbe il poeta Abati che stimolò la sua attitudine poetica.

Ebbe grande attitudine per la pittura ma fu un artista eclettico e versatile, e si espresse anche nella recitazione, nella poesia e come musicista.

Durante la sua prima permanenza romana strinse rapporti con i pittori barocchi Pietro Testa e Claude Lorrain e fu protagonista di spettacoli satirici per le vie della città durante il periodo del carnevale; in questa occasione entra in polemica con Bernini.

Nell'autunno 1639 tornò a stabilirsi a Firenze dove restò per 8 anni, promosse l'Accademia dei Percossi che riuniva poeti, letterati e pittori; in questo periodo spinse l'altro pittore-poeta Lorenzo Lippi a comporre il poema Il Malmantile Racquistato e Rosa conobbe anche Ugo e Giulio Maffei presso i quali visse per un periodo a Volterra. Compose le sue Satire: Musica, Poesia, Pittura e Guerra; nello stesso periodo fece il suo autoritratto, ora esposto agli Uffizi.

Il vivace artista fu soprannominato "Salvator delle battaglie" per le numerose rappresentazioni pittoriche di grandiose e sceniche battaglie ma dipinse anche, durante il suo soggiorno fiorentino opere dal tono esoterico e magico come Streghe e incantesimi, 1646, National Gallery) e dai temi allegorici e filosofici (La Fortuna, Paul Getty Museum).

A Roma produsse alcuni dipinti che dimostrarono una sorta di evoluzione dei precedenti soggetti, principalmente paesaggistici, a nuovi soggetti improntati ad un gusto classico, come La morte di Socrate.

Durante gli ultimi anni romani dipinse due capolavori di soggetto mitologico-morale come Lo spirito di Samuele evocato davanti a Saul dalla strega di Endor, acquistato da Luigi XIV e oggi al Louvre.

Morì a Roma il 15 marzo 1673, e fu sepolto in Santa Maria degli Angeli con un monumento eretto dal figlio Augusto, come risulta dall'epitaffio:
« D.O.M. / SALVATOREM ROSAM NEAPOLITANUM / PICTORIS SUI TEMPORIS / NULLI SECUNDUM / POETARUM OMNIUM TEMPORUM / PRINCIPIBUS PAREM / AUGUSTUS FILIUS / HIC MOERENS COMPOSUIT / SEXEGENARIO MINOR OBIIT / ANNO SALUTIS MDC