Autore: Umberto Saba nacque a Trieste, all'epoca ancora parte dell'Impero austro-ungarico, il 9 marzo del  1883, figlio di Ugo Edoardo Poli, un agente di Commercio originario di Montereale Valcellina, e di Felicita Rachele Coen, un'ebrea triestina di famiglia benestante e nipote per parte materna del letterato Samuel David Luzzatto. Il padre, convertitosi alla religione ebraica in occasione delle proprie nozze nel 1882, già qualche mese dopo il matrimonio aveva abbandonato la moglie incinta, probabilmente per sfuggire al mandato d'arresto scattatogli a seguito all'esecuzione dell'irredentista Guglielmo Oberdan di cui era simpatizzante, ma anche per il carattere «gaio e leggero», insofferente ai legami familiari; bandito infatti dai territori dell'Impero asburgico, il primo incontro con il figlio avverrà solo vent'anni dopo. Diversissima l'indole della madre, che «tutti sentiva della vita i pesi» Per i primi tre anni di vita venne allevato dalla balia slovena e cattolica Gioseffa Gabrovich Schobar, detta "Peppa" (conosciuta anche come "Peppa Sabaz"), la quale, avendo perso un figlio, riversò sul piccolo Umberto tutto il suo affetto. Il bambino ricambiò, tanto da considerarla, come egli stesso scrisse, «madre di gioia». Quando la madre lo rivolle con sé, il bambino subì il suo primo trauma di cui in futuro tratterà nelle poesie raccolte sotto il titolo Il Piccolo Berto.  Lo pseudonimo Saba è di origine incerta e su tale scelta sono stata avanzate due ipotesi. La prima lo riconduce ad un omaggio alla sua adorata balia, Peppa Sabaz, figura sostitutiva materna, grazie all'assonanza Saba/Sabaz. La seconda rimanda al bisnonno materno, letterato, Samuel David Luzzatto e alle sue origini ebraiche: la parola saba (ebraico: סבא) significa "nonno" o, più in generale, "persona anziana"; in questo caso fu probabilmente suggerito dall'amico Giorgio Fano, come testimoniato dalla moglie del filosofo. Per mettere in luce le caratteristiche principali possiamo ricorrere a un testo teorico scritto dallo stesso triestino nel 1912 e intitolato “quello che resta da fare ai poeti“. In queste pagine Saba dichiarava in modo lapidario che tipo di poesia dovesse essere scritta, cioè una poesia capace di esprimere con sincerità e senza esagerazioni la condizione esistenziale dell'uomo al fine di rappresentare la realtà quotidiana e non la realtà straordinaria. Questa posizione porta con sé alcune importanti conseguenze, sia per il contenuto che la forma della poesia. Il poeta deve tendere al rispetto della propria anima, la poesia di Saba si presenta come un continuo scandaglio interiore, come una costante indagine della coscienza. Da questo punto di vista appare importante ricordare il rapporto tra Saba e la psicoanalisi, così da rendere la poesia uno strumento di autochiarificazione, ossia capace di comprendere i traumi interiori, i dissidi che lacerano la personalità umana, e le origini delle proprie nevrosi. Saba presenta la realtà di tutti gli uomini e di tutti i giorni. Nelle sue poesie presenta Trieste con i suoi caffè e le sue strade, e descrive personaggi umili e animali domestici. La semplicità e i legami con la realtà non devono far pensare a una poesia oggettiva, in quanto Saba ne riversa le sue inquietudini interiori. Dal punto di vista formale Saba si presenta come un poeta conservatore, in quanto la poesia onesta richiede un linguaggio onesto capace di descrivere la realtà che viene presentata. Il linguaggio di Saba è familiare, preferisce strutture tradizionali rispetto al verso libero fiorito con il futurismo. La poesia di Saba è semplice e chiara. Nella forma adopera le parole dell'uso quotidiano e nei temi ritrae gli aspetti della vita quotidiana, anche i più umili e dimessi: luoghi, persone, paesaggi, animali, avvenimenti, Trieste con le sue strade, le partite di calcio ecc.

Titolo: Poesie dell'adolescenza

Luogo e Data di Pubblicazione: Milano, agosto 1949

Editore: Officine Grafiche Veronesi dell'Editore Arnoldo Mondadori

Dimensioni:  cm. 19,5 X 13  circa

Pagine: pagg. 86

Descrizione: Brossura editoriale stampata ai piatti e al dorso con la indicazione della Collezione a cui appartiene il libro “I poeti dello Specchio”, l'autore, il titolo dell'opera e l'editore; dorso e piatti in buono stato bruniti dal tempo ai margini. Coperta distaccata dal testo che presenta una legatura solida. Testo ben leggibile in pagine chiare con qualche fioritura e una leggera brunitura ai bordi. Prima edizione.
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