Quadri moderni.


Quadri Moderni, Giuseppe Diso, “ Il sogno di Adamo ”, materiali extrapittorici su pannello mdf, cm 62x62 (con cornice cm 76x76), 2020. Firmata in basso a destra e sul retro. L’opera è provvista di cornice.


Opera informale con cui l’artista ha voluto rappresentare la distruzione del paesaggio della sua terra che ha subito la contaminazione della xilella e la perdita dei segni distintivi della tradizionale connotazione paesaggistica basata sulla coltura dell’ulivo. È inoltre simbolica dell’aspirazione a un “paradiso “ perduto e, Indirettamente, la polemica si estende agli aspetti politici nell’era della globalizzazione che mettono al primo posto gli interessi economici a scapito di quelli umanistici e spirituali. Tale condizione dì aberrazione esistenziale viene riscattata, tuttavia, sul piano estetico con il ribaltamento del “negativo” nel “positivo” della rappresentazione estetica.


Giuseppe Diso nasce a Galatina (Lecce) il 23 luglio del 1967.



Dopo gli studi artistici presso l’Istituto Statale D’arte “G. Toma” di Galatina, dove consegue il diploma in Decorazione plastica nel 1987, frequenta la facoltà di Lettere e filosofia di Lecce laureandosi nel 1997. Parallelamente agli studi umanistici, segue le poetiche di un espressionismo figurativo ispirato a problematiche esistenziali correlate anche all’ambiente sociale di appartenenza e imperniate soprattutto di risvolti psicologici, documentate in mostre in campo nazionale. Successivamente l’espressionismo di partenza, con la sua carica emotiva, tenderà a stemperarsi nella ricerca di un lirismo espressivo, frutto di un’accurata riflessione sulla cultura figurativa del Novecento. Parallelamente a tale ricerca si sviluppa l’interesse per nuovi media pittorici e ad un espressionismo astratto in linea con le iniziali tendenze espressive figurative e non privo di suggestioni materico-gestuali. Le sue opere appaiono in collezioni pubbliche e private.



Attualmente insegna Materie letterarie e Storia dell’arte nelle scuole superiori.


Arte salentina: Giuseppe Diso e l’archetipo dell’eden perduto


Posted by Redazione Cultura salentina


di Donato Valli




© Giuseppe Diso: Estate (olio su tela 80x100, anno 2010)



Come tutti gli artisti che hanno fatto della pittura la ragione del loro impegno vitale, anche Giuseppe Diso non ama l’eclettismo dei contenuti. Egli ha fissato la sua attenzione e il suo studio su tre principali tematiche: la campagna salentina, i ritratti di donna, la natura morta con fiori. Temi classici della pittura, come si vede, che consentono all’artista di esprimere tutte le sue capacità creative e quindi pienamente legittimati a rappresentare non un’avventura dilettantesca ma un universo di sentimenti e l’ideologia poetica che quell’universo giustifica.



Infatti il ritorno sugli stessi temi non ha soltanto una motivazione d’ordine sentimentale, ma racchiude in sé l’impegno di un laborioso sperimentalismo. Esso è la molla della ricerca di un appagamento che si verificherà soltanto quando l’intuizione riuscirà a sconfiggere ogni residuo di accomodante realismo e ad attingere la sfera dell’immateriale che dà anima e individualità specifica al paesaggio. I paesaggi di Diso nella loro morandiana castità non danno adito a compiacimenti descrittivi in senso realistico nonostante l’aderenza a un dettato naturalisticamente esatto, in sé concluso. Essi rimandano ad altre dimensioni che, in un certo senso, purificano la storia e la memoria della ragione che intendono rappresentare. Un attonito silenzio incombe sui colori attenuandone la vivacità, quasi a renderli sospiri di sogni sopiti, modelli puri che anticipano una realtà imminente, ma sempre futura. Una ispirazione di tipo platonico, in linea con la cultura e l’antropologia del Salento, che è la patria del pittore, disegna la solitudine d’un premondo ancora senza vita, dove le case, gli alberi, la terra sono entità geometriche d’una armonia pura, priva di suoni, di vento, di vita. L’oggetto si presenta nella sua nudità castigata, ma non mortificata, qual è la potenza che freme dell’ attesa invisibile degli eventi: proprio per questo il paesaggio ha qualcosa di eternale, di sovrastorico, che l’impasto dei colori, docilmente fusi in un conclave che annuncia l’imminenza dell’iride, trasforma in archetipo.



Questo modo di fare pittura riguarda anche i quadri dedicati alle figure di donne, le quali possono ben definirsi icone dell’ attesa. Sono assorte in se stesse e insieme proiettate verso uno sguardo penetrante che finisce col colpire l’intimità dell’osservatore, sorpreso della loro semplicità, coinvolto nel loro domestico desiderio di cieli sconosciuti. Anch’esse sembrano immerse in un silenzio metafisico, più significativo d’ogni grido, quasi stremate dalla loro stessa attesa e per questo testimoni di un’innocenza intangibile a ogni terreno affanno; eppure umanissime nei pensieri e nei sentimenti che si indovinano nel casto scenario che fa da sfondo alla loro epifania di creature senza tempo, senza cronaca, senza orpelli di vissuti non coincidenti con la loro disarmata individualità.



A questa tipologia poco o nulla aggiungono le tele dei fiori, essendo inessenziale alla creazione di queste atmosfere il puro gioco dei contenuti: i loro colori, pur se vivaci, rinviano sempre all’ideale serra di un eden perduto, del quale rappresentano la struggente nostalgia.


Giuseppe Diso was born in Galatina (Lecce) on 23 July 1967. After his artistic studies at the art institude "G. Toma "of Galatina, where he graduated in Plastic Decoration in 1987, attended the Faculty of Letters and Philosophy in Lecce, graduating in 1997. Parallel to his humanities, he followed the poetics of a figurative expressionism inspired by existential problems also related to the social environment of belonging and centered above all on psychological implications, documented in national exhibitions. Subsequently, the original expressionism, with its emotional charge, will tend to dissolve in the search for an expressive lyricism, the result of careful reflection on the figurative culture of the twentieth century. Parallel to this research, he develop an interest in new pictorial media and towards an abstract expressionism in line with the initial figurative expressive trends and not devoid of material-gestural suggestions. His works appear in public and private collections. He currently teaches literature and history of art in high schools.


Salento art: Giuseppe Diso and the archetype of the lost Eden by Donato Valli Posted by Redazione Cultura Salento


Like all artists who have made painting their vital reason Diso also does not like the eclecticism of the contents. He focused his attention and his study on three main themes: the Salento countryside, portraits of women, still life with flowers. Classic themes of painting, as can be seen, which allow the artist to express all his creative abilities and therefore fully legitimized to represent not an amateur adventure but a universe of feelings and the poetic ideology that that universe justifies. In fact, the return to the same themes has not only a sentimental motivation, but embodies the commitment of a laborious experimentalism.


It is the mainspring of the search for fulfillment that will only occur when intuition is able to defeat any residue of accommodating realism and to tap into the sphere of the immaterial that gives soul and specific individuality to the landscape. Diso's landscapes in their Morandian chastity do not give rise to descriptive complacencies in a realistic sense despite the adherence to a naturalistically exact dictation, which is in itself concluded. They refer to other dimensions which, in a certain sense, purify the history and memory of the reason they intend to represent. An astonished silence hangs over the colors, attenuating their liveliness, as if to make them sighs of dormant dreams, pure models that anticipate an imminent reality, but always in the future.



An inspiration of a Platonic type, in line with the culture and anthropology of Salento, which is the painter's homeland, draws the solitude of a still lifeless premondo, where houses, trees, the earth are geometric entities of a pure harmony, devoid of sounds, wind, life. The object presents itself in its chastened but not mortified nakedness, which is the power that thrills with the invisible expectation of events. Precisely for this reason the landscape has something eternal, superhistorical, that the mixture of colors, docilely merged into a conclave that announces the imminence of the iris, transforms it into an archetype. This way of painting also concerns the paintings dedicated to the figures of women, which can well be defined as icons of waiting. They are engrossed in themselves and at the same time projected towards a penetrating gaze that ends up striking the intimacy of the observer, surprised by their simplicity, involved in their domestic desire for unknown skies. They too seem immersed in a metaphysical silence, more significant than any cry, almost exhausted by their own expectation and therefore witnesses of an intangible innocence in every earthly distress; yet very human in the thoughts and feelings that can be guessed in the chaste scenario that is the background to their epiphany of timeless creatures, without news, without trappings of experiences that do not coincide with their disarmed individuality. Little or nothing is added to this typology by the canvases of flowers, as the pure play of contents is inessential to the creation of these atmospheres: their colors, although lively, always refer to the ideal greenhouse of a lost Eden, of which they represent the poignant nostalgia .