Con l’istituzione delle Carceri Speciali il sistema carcerario italiano abbandona il carattere “unitario” (anche se differenze notevoli ci sono sempre state tra carcere e carcere, ma solo di fatto, non di norme diverse) che garantiva, almeno nella forma normativa, il rispetto del dettato costituzionale del carcere come percorso di rieducazione e reinserimento sociale delle persone detenute. Il sistema penitenziario repubblicano, da quell’anno, si configura quindi come un sistema a due circuiti con trattamenti molto diversi: uno “speciale” per i detenuti più combattivi e per i compagni ormai diventati molto numerosi; l’altro “normale” per la massa del proletariato prigioniero. Da allora, la legge non è più uguale per tutti: la Costituzione viene rinchiusa in polverosi cassetti.
Nell’arco di tre anni entrano in funzione le seguenti Carceri Speciali: Asinara, Cuneo, Novara, Fossombrone, Trani, Favignana, Palmi, Badu e’ Carros-Nuoro, Termini Imerese, Ascoli Piceno; e per il femminile, Latina, Pisa e Messina. Inoltre vengono allestite delle sezioni speciali in tutte le carceri giudiziari delle grandi città dove rinchiudere i carcerati provenienti dal circuito speciale per processi o altro.
Alcuni operatori sanitari di Medicina Democratica dopo aver visitato le carceri speciali, così le descrivono:.......