Francesco Stabili - L'ACERBA - 1927 ASCOLI PICENO Casa Ed. G. Cesari -  Raro. Pieno marocchino rosso con titolo e fregi in oro al dorso nervato. Pag. 489 con 1 illustrazione del manoscritto originale. Dim. 24 x 16 cm

Nato nella piccola frazione di Case di Coccia (Folignano) nel 1269 presso la Fonte a Cagnà, ancora oggi visitabile, entrò a diciotto anni nel piccolo monastero di Santa Croce ad Templum di Ascoli Piceno.

Si stabilì a Firenze nel novembre 1314; poi fu a Bologna, dove nel 1324 insegnò astronomia alla facoltà di medicina dell'Alma Mater, e qui subì la prima condanna per aver fatto commenti non ortodossi sulla religione cristiana, condanna che consistette in una grossa multa, la perdita del lavoro, il sequestro di tutti i suoi libri, e l'obbligo giornaliero di recitare preghiere a penitenza. La condanna fu inflitta dall'inquisitore domenicano Lamberto da Cingoli. L'ammirazione di studenti e colleghi era tale, tuttavia, che dietro loro pressione l'anno dopo, nel 1325, Cecco riebbe la cattedra universitaria e venne addirittura promosso di livello.

Nel 1326 tornò a Firenze, e Carlo, Duca di Calabria, figlio primogenito del re Roberto d'Angiò (1309-1343) in guerra con Castruccio Castracani, lo nominò medico di corte, in contrapposizione con Dino del Garbo. Contrastato dal cancelliere, fra Raimondo vescovo di Aversa, entrò in antipatia del duca dopo un oroscopo negativo sulla di lui figlia (la futura Giovanna regina di Napoli) e per via di quello che divinava la prossima discesa in Italia dell'imperatore Ludovico il Bavaro.

Fu condannato al rogo dall'inquisitore frate Accursio Bonfantini (attivo in toscana fra il 1326-1329) e morì bruciato vivo davanti alla basilica di Santa Croce a Firenze il 16 settembre 1327. Tra i sei giudici che emisero la sentenza figurava anche Francesco da Barberino, poeta autore dei Documenti d'Amore (Documenta Amoris). Cecco d'Ascoli seguì quindi la medesima sorte di altri intellettuali del suo tempo, come ad esempio Pietro d'Abano, dediti allo studio dell'astrologia e dell'alchimia, discipline non esplicitamente vietate, ma che spesso davano luogo a sospetti di eresia.

Pur avendo potuto salvarsi, Cecco scelse di non ritrattare le proprie credenze e convinzioni, ma anzi, per ciascuna delle imputazioni che gli erano state rivolte, avrebbe gridato: «L'ho detto, l'ho insegnato, lo credo!». Una leggenda vuole che la sua forte e multiforme personalità avesse resistito anche alle fiamme del rogo.

I suoi studi di astrologia ruotavano attorno ai commenti sul De principiis astrologiae del musulmano Alcabizio e il De sphaera mundi di Giovanni Sacrobosco..

L'Acerba o Acerba, la più celebre: è un compendio enciclopedico o manuale scientifico in forma di poema didattico composto di 4.865 endecasillabi in sestine. Spesso polemico nei confronti di Dante Alighieri, il suo bersaglio preferito è la Divina Commedia, vista come la negazione della "scienza vera", riepilogata da lui nell'Acerba, che perciò è stata definita da Gianfranco Contini un'«Anti Commedia». Alla base delle convinzioni e delle conoscenze fisiche e naturali professate da Cecco, infatti, non c'è soltanto il pensiero filosofico scientifico di Aristotele o quello di Tommaso d'Aquino: c'è anche la conoscenza del pensiero dei filosofi arabiSulla base delle loro teorie discute delle questioni scientifiche più dibattute nella società in cui viveva come l'ordine dei cieli, la terra, le eclissi, la natura dei fenomeni atmosferici, le Virtù, le scienze occulte. Rimase incompiuto al quinto libro a causa della morte dell'autore, ed ebbe fama di libro magico (forse a causa della condanna inflitta all'autore). Dopo l'edizione critica di Marco Albertazzi, sarebbe stata individuata la natura del titolo: Acerba etas, che nella tradizione principale dei manoscritti e volgarizzato in altri col titolo Acerba vita, si riferisce alle questioni naturali, agli eventi che riguardano la vita di questo mondo in relazione all'intero macrocosmo. L'Acerba vita sarebbe cioè l'età dell'uomo che si compie sulla terra ed è "acerba" rispetto a quella "vera" e "matura" che si compie dopo la morte. Secondo altre interpretazioni, il titolo avrebbe un secondo significato, quello di «La cerva», alludendo a un animale che assume una forte valenza simbolica nelle trasmutazioni alchemiche. Cit- Wikipedia