L’artista in CavalleCavalli racconta un’utopia attraverso i meccanismi narrativi della saga popolare e del mito. Immagina, come succede nelle favole, che, attraverso l’intrecciarsi della realtà con tutte le potenzialità del possibile, si liberi quella capacità di sentire, sempre più soffocata nell’animale uomo (la scimmia nuda di cui parla Morris), attraverso la quale esso trovava la sua sintonia col mondo e la natura. Il dionisiaco, la pulsione ancestrale che porta, preservando tutta la ricchezza dell’individualità, a fondere la vita, unica e irripetibile della persona nella vita cosmica, viene contrapposto all’incapacità o impossibilità del sentire che caratterizza il nostro tempo; il tempo del già sentito, come lo definisce Mario Perniola in un suo saggio famoso. Esso è frutto del bombardamento indiscriminato di stimoli sensoriali cui il flusso mediatico ci sottopone.