Andy Warhol | Biography, Pop Art, Campbell Soup, Artwork, & Facts |  Britannica

Andy Warhol Lion, 1974

Andy Warhol (1928-1987) Leone, 2035 Fotolitografia originale, 4 colori su carta tessuta Firmato a mano a matita da Warhol con iniziali nell'angolo in basso a destra e intitolato "LION Edizione originale limitata a 5000 copie, numerata sul retro Timbro a secco di Bolaffiarte in basso a sinistra. Dimensioni del foglio: 28 x 21 cm / 11 x 8,2 pollici. Condizioni: In eccellenti condizioni. Pubblicato sul N 49 di Bolaffi Arte Stampato da Ages Arti Grafiche, Torino Altezza: 28 cm / Larghezza: 21 cm.

Andy Warhol (1928-1987) Lion,  Original photolithograph, 4 colors on woven paper Hand signed in pencil by Warhol with initials in the lower right corner and titled "LION Original edition limited to 5000 copies, numbered 2035 on the back Dry stamp by Bolaffiarte on the lower left Size: + Sheet size: 28 x 21 cm / 11 x 8.2 inches. Condition: In excellent condition. Published in N 49 of Bolaffi Arte Printed by Ages Arti Grafiche, Turin Height: 28 cm / Width: 21 cm.

Andy Warhol @ Christie's: Best in Show Online | 23 April - 5 May 2015 Lot 25 Lion ANDY WARHOL  Estimate: USD 3,000 - USD 5,000 Price Realised: USD 3,500 LOT HAS ENDED


ANDY WARHOL  “IL LEONE”  "Lo Zodiaco di Bolaffi Arte"

 n° 2035 5000


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Andy Warhol, Joseph Beuys e il Leone

"Un leone col rossetto" firmato da uno dei più influenti dell'arte dell'ultimo secolo. Il Museo di Saludecio e del Beato Amato aderisce alla XIV edizione della Giornata del Contemporaneo (organizzata dall'AMACI Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani) e in programma sabato 13 ottobre con l'esposizione temporanea di un'opera grafica di Andy Warhol: il "Lion". L'opera, edita nel 1974 da Bolaffi, sarà esposta fino al 13 gennaio 2019.
Il presentare il "Lion" di Andy Warhol tra le seicentesche tele del Museo, è apparentemente incoerente, tuttavia proprio quest'anno viene letto durante la liturgia cattolica, il Vangelo secondo Marco, spesso rappresentato da un leone. Porre attenzione al dialogo ecumenico anche attraverso un'opera contemporanea è un ulteriore tentativo di dialogo e di accoglienza da parte del Museo di Saludecio. Il titolo della mostra , forse provocatorio, richiama le macchie di colore che il padre della Pop Art ha impresso sulle linee che definiscono il muso della fiera quasi fossero un trucco di maquillage e che, ad un occhio attento, rimanda al volto di una musa, artista poliedrica ed amica di Andy Warhol " Grace Jones".

Andy Warhol. Una storia americana - copertina

Andy Warhol è il più importante rappresentante della Pop Art Americana. Nessun artista è stato capace di incarnare le contraddizioni degli Stati Uniti come Andy Warhol.

Osservare l’evoluzione degli Stati Uniti nella filigrana della sua opera significa ripercorrere le grandi serie tematiche che hanno caratterizzato la sua produzione, dai primi anni della sua produzione newyorkese all’anno della morte, tentando di fare interagire le immagini del divismo da rotocalco, con la cronaca giornalistica e con gli oggetti comuni della società dei consumi.

Se, come in un celebre aforisma di Warhol,”la Pop art è amare le cose”, per comprendere l’estetica americana occorre tornare a osservare le “cose” della Pop Art. Le celebri tavole della Campbell’s Soup e i Brillo Boxes vengono restituiti allo spettatore nella loro realtà di trompe l’oeil o, ancora meglio, in quanto monumentalizzazioni del quotidiano considerato nella sua trivialità iterativa, seriale.

Dietro l’impersonalità della copia e della serigrafia si nasconde tuttavia anche quella concezione laboratoriale e “artigianale” della produzione artistica che Warhol non rinnegherà mai come ad esempio nella bellissima serie dei dipinti dei Flowers dalle tinte accese, che non appassiscono mai.

È qui, è nel colore pulsante e ossessivo dei petali che l’estetica del Pop inizia a manifestare qualcosa come un lato oscuro, una componente velenosa o cancerogena che la assale dall’interno e la disgrega e che assumerà altrove le sembianze della morte individuale e della tragedia collettiva.

Osservare l’America attraverso Warhol significa infatti guardare negli occhi gli eventi che sconvolgono la cronaca e la storia: dalla serie dedicata ai Most Wanted Men Gun, da Knives alla serie di sedie elettriche, fino alle immagini dell’assassinio di John Kennedy.

«Il pop viene dall’esterno», avverte l’artista, che re-incornicia, filtra, scompone e rimonta le immagini mediatiche sotto gli occhi di tutti, vi pone sopra una patina estetizzante, che allo stesso tempo vela e rivela tratti non immediatamente percepibili. “Con la reiterazione Andy ha voluto mostrarci che in realtà non c’è ripetizione, che tutto ciò che guardiamo è degno della nostra attenzione. Ed è stata, mi sembra, un’importante indicazione per comprendere tutto il XX secolo”

John Cage

La riproducibilità dell'opera d'arte

Warhol sa bene che il sogno consumistico ha trovato piena espressione nelle democrazie occidentali, e lo esplicita sottolineando che tutti abbiamo gli stessi idoli, la pensiamo allo stesso modo e mangiamo la stessa minestra. Anche il più povero può bere la Coca-Cola che beve il presidente Jimmy Carter o l’inarrivabile Elizabeth Taylor. Questa presa di posizione trova una perfetta corrispondenza anche sul piano tecnico: la serialità, che è la cifra distintiva del suo lavoro, implica un approccio ripetitivo e asettico (ereditato dalla produzione pubblicitaria degli esordi). I primi dipinti serigrafati (ancora realizzati a mano e poi riprodotti meccanicamente all’infinito), cedono poco alla volta il passo alla fotoserigrafia pura, attraverso cui si ottengono direttamente le matrici destinate alla stampa, con la conseguente, deliberata rinuncia ad ogni traccia artigianale.

La ripetitività ha anche un altro effetto: disinnesca il concetto di unicità dell’opera d’arte, in favore di un procedimento artistico meccanico, che spesso è un lavoro di squadra. Warhol non vuole creare pezzi unici, come le opere d’arte tradizionali.

Per lui le immagini sono prodotti, beni da consumare come gli oggetti che immortalano, in cui non si deve riconoscere la mano dell’artista. Non a caso il laboratorio collettivo cui dà vita prende il nome di Factory, una open house che è una fabbrica di idee, una “catena di montaggio creativa”, da cui escono opere realizzate a più mani.

Gli ultimi anni

Dopo i personaggi famosi, anche l’arte tradizionale viene rivisitata e spogliata della sua aura quasi mistica. Tra il 1985 e il 1987 Warhol realizza un ciclo di opere di grande formato dedicate al tema de L’Ultima Cena di Da Vinci, reinterpretato secondo gli stilemi della Pop Art. Ed è proprio L’Ultima Cena l'opera dissacrante con cui l’artista si congeda dal mondo (morirà a soli 54 anni a New York a seguito di un’operazione chirurgica). La grande tela, commissionata dal Credito Valtellinese, viene esposta nella nuova sede della Banca, proprio di fronte alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, che ospita la versione originale. Il titolo in inglese, The Last Supper , riporta alla mente la zuppa, a esemplificare in modo mirabile la poetica di Warhol, tesa a dimostrare che anche un capolavoro inestimabile, al pari della Campbell’s Soup, altro non è che un prodotto.

Vent’anni dopo, la forza di quel messaggio non si è esaurita e anzi la fama di Andy Warhol ha continuato a crescere, facendone l’artista più quotato al mondo, secondo solo a Pablo Picasso. A colpire il nostro immaginario è la precisione con cui Warhol documenta il cambiamento di valori introdotto nella società dal consumismo, regno dell'apparenza e della corsa all’accumulo di beni. Nelle icone e nei miti che i mass media diffondono e la Pop Art reinterpreta, vediamo riflessi i nostri bisogni, sempre meno primari e sempre più indotti, avvertiamo il peso di un'omologazione che appiattisce, ma nonostante ciò la potenza magnetica delle immagini ci cattura, e ogni giudizio non può che arrendersi ad essa.