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L'artista    GUERCINO.

L'incisore S. FREEMAN.

Bella stampa da incisione su lastra di acciaio,   pubblicata  il 1850  su  The New National Gallery.  Ottime condizioni. Si allegano le pagine descrittive.

Viene inviata già montata su ----, si prega l'acquirente, ove non desiderasse il passepartout, di avvisare tramite messaggio ebay, onde evitare lo spreco di materiale costoso.
Su cartoncino robusto, retro bianco. 
   La incisione ( foglio) misura circa 25,5x20 circa.  Con il passepartout circa cm. 35x40 ( le  misure possono variare di poco), La sola vignetta incisa misura cm. 12,5X10 circa.


Guercino

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Guercino e bottega: Autoritratto, 1635

Giovanni Francesco Barbieri, noto anche con lo pseudonimo di Il Guercino (Cento2 febbraio 1591 – Bologna22 dicembre 1666), è stato un pittore italiano.

In continuità con i CarracciGuido ReniFrancesco AlbaniDomenichino e Lanfranco, costituisce uno dei grandi pittori di scuola emiliana, nonché tra i più propositivi autori nella Roma barocca, contribuendo con le sue opere allo sviluppo di tale movimento artistico su tutto il panorama italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La fase giovanile in Emilia[modifica | modifica wikitesto]

La formazione artistica a Cento[modifica | modifica wikitesto]

Pagina scritta a mano con l'atto di battesimo del Guercino
Atto di battesimo del Guercino

Giovanni Francesco nacque a Cento, paese allora appartenente al Ducato di Ferrara, da una famiglia di modesta condizione che abitava a pigione «in una piccola casa fuori di Cento, non lontana che pochi passi dalla Porta detta della Chiusa».[1] Si disse a lungo che fosse nato il 2 febbraio 1590, finché il pittore e letterato Jacopo Alessandro Calvi non scoprì ai primi dell XIX secolo, nella collegiata di San Biagio, a Cento, l'atto di battesimo redatto l'8 febbraio 1591: «Zan. Franc. Fig. de Andrea Barbiero, et Lena Ghisellina fu battez. a dì detto 8. Comp. M. Alex. Redolfini, et la Com. Alda Dottoni».[2][3]

Il soprannome di Guercino dovette essergli aggiunto molto presto, se è vero quel che narra lo stesso biografo, raccogliendo la tradizione, che «essendo ancora in fasce, occorse che un giorno, mentre egli dormiva [ [...] ] ci fu chi vicino a lui proruppe d'improvviso in grido così smoderato e strano che il fanciullo, svegliatosi pieno di spavento, diedesi a stralunar gli occhi [ ... ] per siffatta guisa, che la pupilla dell'occhio destro gli rimase travolta e ferma per sempre nella parte angolare».[1]

Mostrò a sei anni una particolare inclinazione per il disegno e a otto anni, «senza avere avuto maestro alcuno, e soltanto sulla scorta d'una immagine in stampa, egli dipinse una "Madonna di Reggio" sulla facciata della casa dove abitava»[4] che si poté vedere fino a quando, due secoli dopo, la casa non fu demolita. Assecondando le tendenze del figlio, il padre lo mandò a studiare verso il 1600 nel vicino paese di Bastiglia, da un modesto artista che «dipingeva a guazzo», chiamato Bartolomeo Bertozzi,[5] nella cui casa si stabilì per alcuni mesi potendovi apprendere, commentano i biografi, solo la conoscenza e la mescolanza dei colori.

Considerando che il figliolo mostrava un talento che tuttavia occorreva educare e rafforzare, nel 1607, all'età di sedici anni, il padre lo affidò a un altro pittore di Cento, considerato «tollerabile»,[6] Benedetto Gennari senior, che lo tenne con sé corrispondendogli anche «annualmente certa poca moneta come per regalo».[7]

Il primo soggiorno a Bologna (1609)[modifica | modifica wikitesto]

Viste le evidenti e precoci capacità artistiche, Benedetto Gennari senior, verso il 1609, lo mandò ancora successivamente, per maggiore e migliore istruzione, a Bologna, da tal Paolo Zagnoni«a dozzina per una soma di grano e una castellata di vino, in casa di Paolo Zagnoni, pittore di poca levata»[8] e poi da Giovan Battista Cremonini«pittore di qualche merito e veloce e pratico nel dipignere, massime a fresco, e prestamente ancora insegnava a' scolari, onde il nostro Barbieri molto profittò in breve tempo».[7]

Il soggiorno bolognese permise al giovane apprendista di studiare le opere di valore lì conservate e, fra le contemporanee, quelle dei Carracci. Egli stesso dirà anni dopo di aver tratto profitto dallo studio della Conversione di San Paolo di Ludovico Carracci, allora nella chiesa di San Francesco, e d'un'altra sua tela, una Madonna col Bambino, i santi Giuseppe, Francesco e due committenti allora conservata nella chiesa dei Cappuccini a Cento (oggi nella Pinacoteca civica), che l'adolescente Guercino non si stancava di osservare, arrampicandosi su una scala per studiarla da vicino.

Il ritorno a Cento e le prime commissioni (1612-1617)[modifica | modifica wikitesto]

Madonna col Bambino, santi e un donatoreMuseo Reale di Bruxelles

Ritornato a Cento, nel 1613 il Guercino incontrò gli apprezzamenti del canonico Antonio Mirandola, il quale, appassionato d'arte, elogiò un affresco a chiaroscuro realizzato dal pittore per la facciata del palazzo comunale della cittadina venne da Bologna a Cento. Il Mirandola favorì quindi il giovane pittore facendogli conoscere i disegni a carboncino del pittore Pietro Faccini, allievo dei Carracci, che egli terrà presente nei suoi progetti, e soprattutto procurandogli le prime commissioni. Nel 1614 il fratello del grande pittore e mosaicista Marcello Provenzali, Alberto, risiedente a Cento, commissiona al giovane Guercino un fregio decorativo per la sua tenuta, Casa Provenzali, probabilmente in collaborazione con alcuni suoi allievi. Per il canonico Mirandola dipinse nel 1615 Quattro evangelisti, ora nella Pinacoteca di Dresda, tre dei quali, portati dal Mirandola a Bologna, furono notati dall'arcivescovo Alessandro Ludovisi (pochi anni dopo sarà papa con il nome di Gregorio XV) che volle conoscere l'autore e li acquistò, dietro consulenza di Ludovico Carracci, per la discreta somma di venticinque scudi l'uno.[9] Il Carracci non si limitò a questo: il 25 ottobre 1617 il pittore scrisse a don Ferrante Carli di Parma[10] elogiando il Guercino come «gran disegnatore e felicissimo coloritore: è mostro di natura e miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimaner stupidi li primi pittori». Il biografo di quegli anni, Francesco Scannelli, afferma anche che già allora il Guercino si presentò a Ludovico mostrandogli i suoi disegni e ricevendo da lui parole d'incoraggiamento: è invece da escludere che abbia conosciuto nei primi anni Annibale e Agostino Carracci, da tempo trasferiti a Roma.[11]

In questi anni il Guercino dipinse anche altre opere: nel 1612 circa i Due angeli col sudario e il San Carlo Borromeo della chiesa di Santa Maria Addolorata, gli affreschi del Padreterno e dell'Annunciazione (1613) per quella dello Spirito Santo, le tre pale (1614-1616) della parrocchiale di Renazzo, ossia la Madonna con i santi Pancrazio e una santa monaca (forse Santa Chiara), la Madonna in trono con i santi Francesco, Antonio abate e Bovo e Il miracolo di San Carlo Borromeo, e infine la Madonna col Bambino, santi e un donatore per la chiesa di Sant'Agostino a Cento (oggi al Museo di Bruxelles).[9]

Tra il 1614 e il 1615 realizzò decorazioni pittoriche a tempera a secco in due case di Cento, una quella di Alberto Provenzale (oggi casa Benazzi), oggi ancora in loco, l'altra in quella Pannini, i cui cicli furono compiuti in collaborazione con un altro pittore, Lorenzo Gennari (era uno degli allievi del Guercino), verranno trasferiti su tela nel 1840 e divisi tra gli eredi di famiglia.[12] Altri cicli pittorici su muro furono realizzati ancora una volta nella chiesa di Renazzo, poi un Prometeo in una stanza dell'Accademia di Disegno, un Ercole che uccide l'Idra sulla facciata di casa Tanari a Bologna (oggi distrutto) e un San Rocco gettato in prigione per l'omonimo oratorio ancora a Bologna. ref XLIV-XLV

Ormai il Guercino aveva fama di maestro e prese l'iniziativa, nel 1617, di fondare una scuola di pittura a Cento. L'amico Bartolomeo Fabbri gli mise a disposizione due stanze e qui convennero diversi allievi: «da Bologna, da Ferrara, da Modena, da Rimini, da Reggio e sin dalla Francia molti giovani [ ... ] di ventitré scolari ch'egli ebbe su quel principio, nessuno poté dire d'essere meno amato dell'altro [ ... ] e suoi familiarissimi ospiti in Cento si erano i marchesi Enzio e Cornelio Bentivoglio».[13] Fra i principali allievi vi furono: Paolo Antonio BarbieriGiuseppe Maria GaleppiniLorenzo GennariMatteo Loves e Cesare Pronti.

L'incontro con il cardinale Alessandro Ludovisi (1617)[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1617 il pittore, ventiseienne, ritorna a Bologna per compiere diversi quadri per il cardinale e arcivescovo della città Alessandro Ludovisi, tra cui certamente un Miracolo di san Pietro che resuscita Tabita (oggi alla Galleria Palatina di Firenze), una Susanna e i vecchioni (oggi al Prado di Madrid) e un Ritorno del figliol prodigo (oggi alla Galleria Sabauda di Torino).[14] Fanno riferimento a queste commesse anche altre tele non citate dal Malvasia nella Felsina Pittrice, come un Lot e le figlie (oggi all'Escorial).[15]

Secondo le fonti, Ludovico Carracci fu chiamato a fare una stima dei quadri affinché si procedesse al pagamento del Guercino, e questi li valutò 70 scudi ciascuno, seppur poi il prezzo fu ribassato a 25 in quanto l'arcivescovo ritenne eccessivo il primo proposto.[15]

I viaggi a Venezia (1618) e Ferrara (1619), le commesse del cardinal Serra[modifica | modifica wikitesto]

Apollo e Marsia, 1618 - Galleria Palatina di Firenze

Nel 1618 il Guercino prima fece ritorno a Cento, dove per la cattedrale eseguì il San Pietro che riceve le chiavi da Cristo nel 1618, oggi nella Pinacoteca civica, e poi accompagnò a Venezia, su suggerimento del Mirandola e munito di una raccolta di suoi disegni, un canonico centese, tal Pietro Martire Pederzani, il quale li mostrò al noto artista Jacopo Palma il giovane affinché desse un giudizio sulle possibilità di quel giovane pittore desideroso di migliorarsi nella sua arte: si racconta che il pittore veneziano esprimesse la propria ammirazione dicendo che «molto più di me sa questo principiante»,[16] e che lo accompagnasse poi per Venezia mostrandogli i dipinti dei migliori artisti.

Erminia ritrova Tancredi ferito, 1618-1619 - Galleria di Palazzo Barberini di Roma

Tra il 1618 e il 1619 realizza un cospicuo numero di opere sia per le chiese del territorio, come quella per un altare della chiesa di San Bernardino a Carpi, il Martirio di san Pietro, oggi alla Galleria Estense di Modena, che per la committenza privata, come l'Erminia ritrova Tancredi ferito (per il mosaicista Marcello Provenzale, che confluirà nelle proprietà di Olimpia Maidalchini e quindi per lascito nella collezione Pamphilj, oggi nell'omonima Galleria di Roma) e l'Apollo e Marsia (per il Granduca di Toscana, oggi alla Galleria Palatina di Firenze).[17]

San Sebastiano curato da sant'Irene, 1619 - Pinacoteca nazionale di Bologna

Nel 1619 il pittore è a Ferrara per lavorare al seguito del cardinale Giacomo Serra.[17] Per il legato pontificio compì tre dipinti: il Ritorno del figliol prodigo oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, il San Sebastiano soccorso oggi alla Pinacoteca di Bologna, il Sansone arrestato (oggi al MET di New York), l'Elia nutrito dai corvi (prima confluito nella collezione Barberini, oggi alla National di Londra), il Giacobbe che benedice i figli di Giuseppe (anch'essa poi in collezione Barberini, mentre oggi alla National di Dublino) e la Resurrezione di Lazzaro (oggi al Louvre di Parigi).[18] Durante il soggiorno a Ferrara il pittore era in contatto col duca di Mantova Ferdinando Gonzaga per concordare misure e soggetti di alcune commesse che intanto gli erano pervenute.[18] Nel 1620 circa il pittore soggiorna quindici giorni a Mantova per consegnare una la tela dell'Erminia tra i pastori (oggi a Birmingham).[18]

Di rientro in terra emiliana il pittore ricevette, per intercessione ancora una volta di padre Mirandola, alcune commissioni pubbliche, tra cui la Vestizione di san Guglielmo per la chiesa di San Gregorio a Bologna (oggi alla Pinacoteca nazionale cittadina), che sin da subito ebbe gli elogi che meritava da parte dei visitatori.[18] Sempre al 1620 fa poi riferimento un'altra sontuosa pala d'altare, i Santi Francesco e Benedetto per la chiesa di San Pietro a Cento (oggi al Louvre di Parigi), che testimoniano come il pittore avesse acquisito piena personalità in questo genere di composizioni che, ad ogni buon conto, stando alle fonti antiche, pare prediligesse rispetto a quelle decorative su muro.[18]

Il 28 gennaio 1621 papa Paolo V Borghese muore; il cardinale arcivescovo di Bologna Alessandro Ludovisi viene eletto pontefice col nome di Gregorio XV il successivo 9 febbraio e dovette trasferisti a Roma.[18] Chiama presso la propria "corte" diversi pittori di ambito emiliano, come il DomenichinoLanfrancoGuido Reni e, per l'appunto, anche il Guercino, che vi si recò il 12 maggio dello stesso anno, all'età di trent'anni, accompagnato dal suo illustratore di fiducia nonché suo concittadino Giovanni Battista Pasqualini.[18]

I successi a Roma al seguito di papa Gregorio XV Ludovisi (1621-1623)[modifica | modifica wikitesto]

L'Aurora, 1621 - Casino Ludovisi di Roma

Arrivato a Roma il Guercino si trova sin da subito ad essere uno dei pittori prediletti di papa Gregorio XV, il quale per via delle sue origini avviò una "campagna di promozione" verso i pittori emiliani.[19] Papa Gregorio XV intendeva affidargli commissioni di grande prestigio, come la decorazione della Loggia delle Benedizioni in San Pietro, per la quale il pittore avrebbe ricevuto un compenso pari a circa 22.000 scudi.[19]

Seppur breve il pontificato Ludovisi, il pittore riceverà da questi commesse di tal rilevanza che i relativi risultati ottenuti costituiranno alcuni dei momenti più alti del Guercino e più in generale del barocco romano e italiano.

Sepoltura e gloria di santa Petronilla, 1623 - Pinacoteca Capitolina di Roma

Il cardinal nipote Ludovico Ludovisi gli affidò nel 1621 la decorazione del casino dell'Aurora che fu del cardinale Francesco Maria Del Monte, parte di un villino appena acquistato, insieme con l'ampia vigna che gli si stendeva intorno, che assumerà pertanto il nome di villa Ludovisi.[19] Con l'assistenza di Agostino Tassi, che vi affrescò le quadrature architettoniche, il Guercino dipinse con tempera a secco sulla volta della sala centrale al pianterreno del Casino l'Aurora, rappresentata come giovane dea su un carro tirato da due cavalli, davanti ai quali fugge la Notte mentre un genio in volo incorona Aurora di fiori e un altro, sul carro, sparge fiori tutt'intorno; da una parte, sul letto, è il vecchio marito Titone; in alto, tre giovani donne raffigurano altrettante stelle, una delle quali versa rugiada da un'urna. L'esame iconografico del dipinto rivelerebbe[20] l'intenzione non tanto di rappresentare semplicemente il sorgere di un qualunque nuovo giorno, ma l'alba di una nuova era di gloria per la famiglia Ludovisi, intento riaffermato anche nella scena della Fama, con l'Onore e la Virtù (anch'essa a tempera a secco) che decora la volta della sala del piano superiore del Casino. Questi cicli, che danno avvio a una seconda fase pittorica del Guercino, equivarrebbe a una sfida dei Ludovisi rivolta alla potente famiglia Borghese, che pochi anni prima durante il loro pontificato avevano commissionato a Guido Reni il medesimo tema nell'affresco del loro Casino (ora Rospigliosi-Pallavicini).

Ritratto di papa Gregorio XV, 1623 - Getty Museum di Los Angeles

I lavori per il casino non furono l'unica opera che il cardinal nipote commissionò al pittore; a questa si aggiunsero la Visione di san Girolamo (oggi al Louvre), la Maddalena penitente con due angeli, che si trovava nella chiesa (non più esistente) di Santa Maria Maddalena delle Convertite al Corso (dal 1817 nei musei Vaticani a seguito della soppressione del monastero nel 1798) e la grande pala della Sepoltura e gloria di santa Petronilla, commissionata per un altare della Basilica di San Pietro nel 1622, da dove fu rimossa nel 1730 per essere sostituita da una copia a mosaico di Pietro Paolo Cristofari (attualmente esposta nella Pinacoteca Capitolina).[19] L'enorme pala sulla figlia di san Pietro è considerata dai suoi contemporanei e dai commentatori successivi il massimo risultato dell'arte del Guercino.[21][22]

Pochi altri dipinti eseguì in Roma, tutti comunque capisaldi della pittura barocca: una grande tela nel soffitto della basilica di San Crisogono a Trastevere sulla Gloria del santo, commissionata dal cardinale Scipione Borghese intorno alla metà del 1622, ora a Londra,[19] nella cui collezione di famiglia figurerà nl 1693 anche il piccolo olio su rame del Cristo morto compianto da due angeli;[23] ancora, per il palazzo Patrizi (poi divenuto Costaguti) una decora

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