Damiera/scacchiera in ceramica

Tema: bandiere nazioni europee/ stella

Dimensioni: damiera cm 33 x 33; pedine dama cm 1,3 (altezza) x 4 (diametro)

Fabbricata da: Le Ceramiche di Sandro Soravia - Albisola Capo (SV) 

La mattina del 26 marzo 1851 i fratelli Schiappapietra figli del compianto Giobatta, uscirono di buonora dalla loro fabbrica di terraglie, sita nei fondo che oggi corrisponde al civico n. 13 di via Colombo ad Albisola Capo. Sprangata la porta, si fermarono a dare l’ultima occhiata rialzando il bavero della giacca per ripararsi dai pizzichi del vento di mare, quindi salirono sul calesse in attesa. Quanti anni aveva la vecchia fornace? Cinquanta, cento, cinquecento? Probabilmente nemmeno loro lo sapevano.  I loro pensieri, i loro gesti, possiamo solo immaginarli. Quello che è certo è che in quello stesso giorno Giuseppe Berlingieri notaio in Savona, stendeva un atto così concepito “Oggi 26 marzo 1851, i fratelli Schiappapietra fu G.B. vendono a Giuseppe Campanella fu Bartolomeo, abitante in Quiliano, un appartamento con fabbrica di terraglie e magazzeni, confinante a mezzogiorno con la strada pubblica, a ponente e tramontana con i Balbi, a levante con altra fabbrica apparentemente a G. B. Siri”. Il Campanella risultò poi essere anche proprietario di un terreno sul mare, di fronte alla fabbrica, come risulta dalla mappa al legata alla pratica di esproprio dei terreni su cui fu costruita nel 1862 la linea ferroviaria Genova—Ventimiglia. Questo terreno di cui il “nostro” evidentemente salvò una parte,a, malinconici e pensierosi. Se nel 1882 vi veniva annotata a catasto la costruzione di un edificio a forma quadrata, serviva sicuramente come area di essiccazione delle stoviglie. Giuseppe Campanella tuttavia non rimase a lungo proprietario della fabbrica, poiché nelle pandette catastali del 1876, archiviate presso il Comune di Albisola Superiore la stessa risulta intestata a Campanella Giuseppe Domenico fu Carlo (probabilmente un cugino omonimo) con un reddito di ben lire 266,64 annue. Nel 1885 Giuseppe Domenico fu Carlo raggiunse in cielo il fumo della sua fornace, lasciando ogni avere all’unica figlia Luigia e l’usufrutto alla moglie Caterina Rebagliati. Ma cosa potevano fare a quel tempo due donne sole? La soluzione migliore era tornare alla nativa Quiliano e vivere di rendita. Fu così che la fabbrica venne data in gestione prima a tale Ghersi, poi, nel 1904, a un certo Siri, e nel 1910 al Signor Colombino. La fornace di via Colombo sembrava destinata a spegnersi passando di mano in mano, quando nel 1917 Nicolò Colombo (e chi altri in via Colombo dopo il Colombino?) comprò tutto in blocco, dando nuovo impulso all’attività, ben presto coadiuvato dal figlio Giovanni Battista, provetto vasaio. Il figlio di quest’ultimo, Nicolò come il nonno e Nico per gli amici, preferì tuttavia dedicarsi alla chimica farmaceutica così che la fabbrica venne venduta, restando i Colombo proprietari dei muri, a Nicolò Grosso, detto Lino, nell’anno 1959. Lino comprese subito che era ormai inutile far concorrenza a stabilimenti e cooperative. Abbandonò quindi le pentole per mettere tutta la sua lunga esperienza al servizio di una produzione artigiana di qualità superiore, basata soprattutto sulla tradizionale decorazione dell’“Antico Savona”.
Nei dicembre 1974 Lino cessò l’attività e l’anno seguente la fornace cambiò nome e proprietario per diventare “le Ceramiche di Sandro Soravia”.

 

Ceramiche Soravia è un´azienda artigiana specializzata nella produzione di ceramica artistica e di manufatti di uso comune decorati interamente a mano, con tecniche di soprasmalto e sottosmalto. Nel laboratorio si eseguono piastrellature e rivestimenti decorativi, con soggetti classici o moderni, e si realizzano oggetti personalizzati che riproducono particolari richiesti dal committente come stemmi o logotipi.

 

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