Luca Sforzini Arte presenta :

Artista : Andrea Bianchi detto il Vespino (attivo a Milano tra la fine del sec. XVI e il primo trentennio del XVII al servizio del Cardinale Borromeo)

Titolo : Madonna con Sant'Anna e Bambino che gioca con l'Agnellino

Epoca : fine '500 / Inizio ‘600

Tecnica : Olio su tela

Dimensioni : cm 140x111 ca.; opera priva di cornice

Note : Provenienza: nobile famiglia Porro, Lonate Pozzolo.

Questo splendido dipinto leonardesco – proveniente dai Conti Porro di Lonate Pozzolo – è databile alla fine ‘500 / inizio ‘600 e si inserisce pienamente nel solco dell'ispirazione dettata da Leonardo da Vinci ai suoi seguaci ed emuli principalmente in Lombardia nel corso del XVI secolo. L’opera si presenta in buono stato di conservazione (come da foto) ma assai sporca e meritevole di una pulitura professionale che possa riportarne alla luce cromìe e dettagli.

Un'opera del tutto analoga (anche per dimensioni) è conservata alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano (scheda a questo link: https://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/L0150-00061/?view=autori&hid=1035&sort=sort_date_int&offset=0 )

Riportiamo testualmente: "Il dipinto è in questi termini segnalato nell'atto di donazione della collezione del Cardinale Federico Borromeo del 1618:"Una Madonna con Sant'Anna e Christo Bambino, che scherza con l'Agnello, dipinta da M. Andrea Bianchi detto il  Vespino, non copiandola da altro quadro simile e dipinto, ma solo imitandola dal Cartone di Leonardo. E' senza cornice, et alta braccia due e mezzo e larga due". Nel codice che raccoglie, tra vari inventari e documenti, "L'inventario di quanto si trova nel salone della veneranda bibl.Ambrosiana di Milano, et altri luoghi della med.a" del 1661 (Ms A 357 inf., fascicolo 25l p. 78) è segnalato "un quadro della B. Vergine con il Bambino nelle mani che accarezza l'Agnello, et S. Gio. Batt.a, et S. Anna, con le rigole d'oro". Nell'inventario del 1685 (Ms S.Q.+.II.35. p. 7) dice che il dipinto rappresenta "Sant'Anna e la Beata Vergine in atto di trattenere il Divino Fanciullo che scherza con l'Agnello. E' di mano di Andrea Bianco detto il Vespino, copia da un disegno di Leonardo da Vinci" ed è incorniciato "a rigole d'oro": la cornice è andata perduta. Nello stesso inventario si dice che l'opera è collocata nella sala inferiore per andar nella libreria dei manoscritti, al muro verso San Sepolcro.

Il dipinto non è segnalato nè nella guida del Ratti nè in quella del Galbiati. Nella guida di Mazzini del 1972 la tela risulta già in deposito e viene segnalata come copia dal Luini; con questa stessa attribuzione compare nell'inventario del Nurchi del 1984.

Pamela Jones, studiando le opere elencate nell'atto di donazione, considera l'opera perduta ed avvalla l'attribuzione al Vespino, ritenendo che il cartone usato per modello sia quello della collezione Esterhazy, opera della scuola di Leonardo".

Come riporta l'enciclopedia Treccani : "BIANCHI Andrea, detto il Vespino e il Copista. - Attivo a Milano tra la fine del sec. XVI e il primo trentennio del XVII, quasi nulla sapremmo di questo esperto artigiano del pennello, se non vi fosse la testimonianza di Federico Borromeo, in parte ripresa e illuminata dal Borsieri. Per incarico del cardinale, infatti, il Bianchi copiò il Cenacolo di Leonardo e successivamente la Vergine delle rocce dall'esemplare leonardesco ora alla National Gallery di Londra e la S. Anna con la Madonna e Gesù Bambino dal cartone famoso; nonché dal Luini una Madonna e s. Elisabetta, una Sacra Famiglia, ilgruppo delle tre Marie della Crocifissione in S. Maria degli Angeli a Lugano, e dal Parmigianino un ritratto di giovane. Nella donazione del cardinale Federico all'Ambrosiana, eretta con rogito del 28 apr. 1618, queste e altre numerose copie, in parte non piùreperite, sono elencate come "fatte con diligenza" (Galbiati, p. 273).

Giuseppe Bossi ci testimonia della somma perizia e accuratezza con cui furono rilevate e poi riunite le tredici figure del Cenacolo dal filo della mensa in su, lungo lavoro protrattosi dal 1602 al 1616. Ma egli dovette ammettere, già centocinquant'anni fa, che i colori, alterati dal tempo, poco permettevano di ricostruire della personalità del B. al di fuori del segno. Né il restauro dell'opera, unica copia fedele all'originale, eseguito nel 1950, ha potuto ravvivarne adeguatamente la sommersa cromia. Altrettanto dicasi delle altre copie conservate all'Ambrosiana, della quale il Bianchi fu tra i professori dalla fondazione dell'Accademia (1621), anzi dai primi tentativi di insegnamento (1613)".

L'opera verrà corredata di Certificato di Autenticità della Galleria Luca Sforzini Arte.

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