« The Story of Language » di Mario A. Pei è un « best-seller » del mercato librario americano. Questo eccezionale successo, però, non dice molto della bontà dell'opera: troppo spesso ci sono buone opere che non si vendono e opere cattive che vanno a ruba. Fortunatamente, il libro del Pei è il lavoro di uno studioso che sa scrivere per il gran pubblico, con stile facile e brioso, senza gettare alle ortiche la propria serietà scientifica; e se la forma brillante può anche mettere in sospetto un lettore non avvertito, chi conosce la coscienziosa attività scientifica del Pei sa, ancor prima di aprire il volume, che si tratta di un'opera meditata, e ne trova conferma leggendola.

Il libro del Pei è un'opera divulgativa. Ora, nell'immenso campo di studio dei fatti linguistici vi sono tante zone oscure, tante questioni sempre dibattute, e tuttavia di tale importanza da non potersi passare sotto silenzio, che un'opera di volgarizzazione non può che esprimere il punto di vista dell'autore, senza addentrarsi nella sua giustificazione o nell'esposizione, e tanto meno nella critica, delle tesi contrastanti; altrimenti non è più un libro per il gran pubblico, ma per una ristretta cerchia di specialisti. Su certi punti, quindi, alcuni potranno anche dissentire; ma nessuno potrà negare la serietà delle soluzioni che si prospettano.