Il Monastero
by Domenico CavalcaEstimated delivery 3-12 business days
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Description In un monastero a ridosso di un fitto e esteso bosco, situato sulle montagne dell'Appennino Centrale della penisola italica, edificato nel XII° secolo, in pieno medio evo, vive in pace e in preghiera una piccola comunità di dodici monaci benedettini. I monaci secondo la regola del suo fondatore San Benedetto da Norcia, che prescrive povertà, obbedienza e un fortissimo impegno di preghiera e di lavoro al motto "Ora et labora" (Prega e lavora), dissodano e coltivano i terreni, allevano animali, costruiscono magazzini e scorte di viveri alla stregua di un'azienda agricola. A seguirli e a guidarli come un padre spirituale c'è l'abate Gustavo. Il monastero dista una manciata di chilometri dal piccolo paese di Borgodominus, che è abitato da poco più di 1000 anime e lo si può raggiungere attraverso una stradina sterrata percorribile a piedi o con dei fuoristrada dalla parte del bosco. Nel monastero e nel piccolo paese le giornate trascorrono serene e tranquille. I monaci riescono a sostenersi anche grazie alla vendita dei loro infusi preparati con le erbe aromatiche, fiori, foglie o gemme che crescono attorno al monastero. Ma anche e soprattutto grazie alle azioni caritatevoli delle poche persone abbienti di Borgodominus e alle offerte dei compaesani più religiosi, ricevendone in cambio infusi e tisane che aiutano a star bene. Il paese di Borgodominus, le cui origini risalgono agli inizi del XIII° secolo, dista a circa un'ora di viaggio da Castel del Borgo, una piccola e popolosa cittadina situata più a valle, che a sua volta si trova non molto distante dal capoluogo di provincia, la piccola città di Borgovalle. Un'unica strada di montagna collega Borgodominus da Castel del Borgo. Per percorrerla, benché la distanza tra i due abitati sia soltanto di 20 chilometri, ci vuole circa un'ora a causa dei numerosi tornanti, che da valle si inerpicano fin su a Borgodominus. In paese, si narra di una leggenda tramandata da padre in figlio secondo la quale nell'Anno del Signore 1484, una donna del luogo scacciata dal marito, fu accusata dal clero di praticare la stregoneria e a causa di ciò fu messa al rogo in una piccola radura del bosco, non distante dal monastero. La donna in preda al dolore invocò pietà ai monaci e alla gente del villaggio che la misero al rogo e che stavano assistendo al suo supplizio, ma invano. E prima di esalare il suo ultimo respiro li maledisse tutti, compresa la loro progenies. Urlando di dolore lanciò il suo anatema. Si rivolse al diavolo e ad egli affidò la sua anima per l'eternità a patto che il diavolo al sopraggiungere della sua morte o finanche nei 500 anni successivi, le avrebbe permesso di avere la sua vendetta su chi l'aveva messa ingiustamente al rogo o sulla loro progenies. I monaci e gli abitanti del villaggio nell'udire quell'anatema ebbero di che preoccuparsi, ma ben presto si consolarono e si convinsero di avere fatto la cosa giusta, di avere messo al rogo una vera strega. Trascorsero gli anni e i secoli, ma da quel giorno funesto non accaddero più fatti di sangue. La maledizione della strega non aveva sortito i suoi effetti, ma quel che accadde nel 1484 fu tramandato di generazione in generazione dagli abitanti del villaggio nei secoli successivi ed uno scritto sui fatti dell'epoca fu sapientemente conservato nell'archivio della biblioteca del paese. Poi, 500 anni dopo, quando oramai da oltre un secolo non se ne parlò più e nessuno tra le nuove generazioni andò a curiosare nell'archivio della biblioteca comunale per documentarsi su questa triste storia del passato, inizieranno ad accadere dei fatti sconvolgenti e misteriosi a partire dal mese di aprile dell'anno 1984.