ALDO PALAZZESCHI

 

L’INCENDIARIO

COL RAPPORTO SULLA VITTORIA FUTURISTA DI TRIESTE

 

Milano, Edizioni Futuriste di “Poesia”, 1910.

Cm.18,5; pp.292; legatura cartonata con dorso in tela e scritte in oro (difetti)

 

Interessante edizione antica e d'epoca,

rara opera espressione della letteratura futurista italiana;

 in legatura autarchica dell'epoca, con quattro pagine finali (non numerate) che sono pubblicitarie editoriali delle Edizioni Futuriste di POESIA;

contenuto di ardua sintesi, in cui comunque troviamo capitoli o riferimenti a:

 

RAPPORTO SULLA VITTORIA DEL FUTURISMO A TRIESTE (ad uso prefazione, scritto di F. T. MARINETTI;

 

 LE FANFARE DELLA STAMPA . IL FUTURISMO E I FUTURISTI DIFESI DA: SILVIO BENCO, ELDA GIANELLI, A. BELLOTTI, P. ARCARI, A. SCOCCHI, V. CUTTIN. A. DATTA, A. GIACOMELLI, A. TAMAINI, ecc.;

 

I SIGNIFICATI DEL FUTURISMO  secondo Paolo Arcari;

 IL FUTURISMO E LA SATIRA, scritto di Giulio Piazza nel "PICCOLO" (di Trieste);

 

L'INCENDIARIO

VILLA CELESTELA FIERA DEI MORTI

IL PRINCIPE E LA PRINCIPESSA ZUFF

LA MORTE DI COBO'

LA REGOLA DEL SOLE

LE CAROVANE

LA CITTA' DEL SOLE MIO

LE BEGHINE

VISITA ALLA CONTESSA EVA PIZZARDINI B A

E LASCIATEMI DIVERTIRE

QUANDO CAMBIAI CASTELLO

LE MIE PASSEGGIATE

IL MIO CASTELLO E IL MIO CERVELLO

LA CIOCIARA IN LUTTO

LA MANO

L'OROLOGIO

CHERUBINA

GINNASIA E GUGLIELMINA

IL BALLO

IL PRANZO

LA VISITA DI MR. CHAFF

...

 

da L'INCENDIARIO:”Anch'io sai, sono un incendiario /

un povero incendiario che non può bruciare /

e sono come te in prigione. /

Sono un poeta che ti rende omaggio,/

da povero incendiario mancato, /

incendiario da poesia. /

Ogni verso che scrivo è un incendio…

……

 

DI INTERESSE LETTERARIO, FUTURISTA, STORICO LOCALE, COLLEZIONISTICO, BIBLIOGRAFICO

Discreta conservazione generale, segni e difetti d'uso e d'epoca, diffuse fioriture e bruniture e sgualciture e difetti vari marginali o così come visibili nelle immagini allegate; vecchia firma exlibris abrasa al frontespizio; modesta legatura autarchica in catone con il dorso telato.

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dal web: 

 

La più futurista tra le raccolte di poesie di Palazzeschi è L'Incendiario, pubblicato a Milano con i tipi delle Edizioni futuriste di “Poesia” e con una prefazione di Filippo T. Marinetti. Qui, accanto allo sperimentalismo linguistico, alla dissoluzione del soggetto lirico, predomina il topos del poeta come saltimbanco. La cooptazione nel movimento futurista porta alle estreme conseguenze il divertimento del gioco verbale, la ricerca del non-sense. La poesia si alleggerisce, si svuota, si fa leggera, come l'“uomo di fumo”, si fa cantilena e/o filostrocca, la parola si fa aleatoria, oppure si riduce a sequenze di réclame, di slogan pubblicitari.

 

Carlo Bo ha riconosciuto in Palazzeschi “uno dei rarissimi spiriti positivi” del nostro secolo, un poeta mosso da un profondo «amore della vita», il cui ottimismo traspare nella musicalità dei versi, nell'espressionismo delle onomatopee (v. La fontana malata), nella genialità delle invenzioni ludiche che animano i suoi versi.

 

Abbiamo già avuto occasione di rilevare come tutto ciò venga portato alle estreme conseguenze nel passaggio dalla prima trilogia (I cavalli bianchi, Lanterna, Poemi) a L'Incendiario del 1910. Già il titolo della raccolta è strettamente legato alla mitologia futurista ed i temi del “fuoco e dell'“incendio” assumono una valenza simbolica forte nei Manifesti futuristi, dove il riferimento agli “allegri incendiari”, ai “grandi poeti incendiari” ricorre frequente. .....

 

---------------->>>PALAZZESCHI......Sul finire del 1909 entra a far parte della schiera dei futuristi e consegna personalmente a Marinetti il nuovo libro dal titolo provvisorio Sole mio che sarà poi L'INCENDIARIO pubblicato nella primavera del 1910 dalle Edizioni Futuriste di Poesia. Partecipa alla memorabile serata futurista al Politeama Rossetti di Trieste e, pur con qualche riluttanza, ad altre manifestazioni futuriste assai turbolente. L'atteggiamento di Palazzeschi nei confronti delle istanze futuriste è quindi da guardarsi con cautela e se da un lato la sua adesione, anche se per pochi anni, è reale e fattiva, si deve osservare come d'altro canto il suo accostamento all'esperienza futurista e all'attivismo marinettiano non è altro che una conseguente continuazione della sua linea eversiva, già presente nel suo intendere la poesia, che diventa azione demolitrice dei nessi sintattici, superamento delle coordinate di tempo e di spazio ma conservando sempre un tono burlesco e canzonatorio soprattutto nei confronti di tutto ciò che appartiene al passato come «le vecchie/reliquie tarlite/così gelosamente custodite/da tanto tempo!». Le sue parole in piena libertà trovano testi esemplari nel già ricordato E lasciatemi divertire ma più in generale Palazzeschi sostituisce il lazzo al sospiro per contaminare il tono elegiaco con lo sberleffo, ……”----------------->>>>

 

""Il poeta futurista Aldo Palazzeschi ""

 

di Filippo Tommaso MARINETTI

 

---->"A forza di conferenze, di declamazioni e di pubblicazioni, noi futuristi siamo riusciti a far proclamare in Italia l'ingegno originalissimo e la personalità eccezionale del poeta futurista Aldo Palazzeschi. I critici però dichiarano, con miopia intellettuale o con malafede, che Palazzeschi «non è futurista». Spieghiamoci dunque sul significato esatto di questa parola. «Futurismo» vuol dire anzitutto «originalità», cioè ispirazione originale, sorretta e sviluppata da una volontà e da una mania di originalità. «Movimento futurista» vuol vuol dire incoraggiamento assiduo, organizzato, sistematico dell'originalità creatrice, anche se apparentemente pazza. Non si tratta dunque di una influenza deformatrice esercitata sul libero spirito di un poeta, ma bensí di un'atmosfera antitradizionale, anticulturale, spregiudicata, nella quale questo libero spirito ha potuto osare, sentirsi compreso, amato, in quanto era solo, tipico, indigesto a tutti, beffeggiato dai critici e ignorato dal pubblico. Ecco ciò che lega il grande poeta Aldo Palazzeschi al Futurismo, scuola, se volete, ma scuola nella quale s'insegna a ribellarsi, a essere originali, indipendenti.

 

Una scuola che mi fa pensare a una certa caverna di Belgrado, dove vidi un capo Macedone dare quotidianamente delle lezioni di lancio di bombe. Non vi è al mondo un lanciatore di bombe intellettuali piú sicuro di Aldo Palazzeschi. Colla loro abituale leggerezza e imbecillità, i critici, basandosi su una prima impressione superficiale, lo considerano un sentimentale, un decadente, un simbolista, cioè un poeta alla punta estrema del romanticismo. Per giudicare una poesia, questi pedanti si accontentano di leggerne il titolo. Nell'Incendiario c'è una poesia intitolata L’Orologio, dove si parla di suicidio: «È evidente, dichiarano i critici, che il poeta ha subíto questa o quest'altra influenza: romanticismo, simbolismo, Poe, ecc.». Se volessero e sapessero leggere, comprenderebbero invece che Palazzeschi ha dato, primo e solo, appunto nell'Orologio, il grido della libertà umana, sintetizzando tragicamente, in una forma lirica e drammatica assolutamente nuova, l'agitazione febbrile ed esasperata dell'io che si sforza di rompere la sua gabbia ferrea di determinismo o di fatalità.

 

Nell'Orologio, come in tutte le poesie dell'Incendiario, Palazzeschi è assolutamente originale. Egli entra in tutte le zone di tristezza umana: cimiteri, ospedali, conventi, viuzze di città morte, ma dopo aver congedato con una risata ironica tutti i sacri custodi di questi luoghi: Lamartine, Leopardi, Baudelaire, Verlaine, Rodenbach e Maeterlinck. Palazzeschi vive tra le beghine, ma per stuprarle, e si impietosisce invece sulle sue care mistiche dame di Villa Celeste. Passeggia di notte nei giardini primaverili, ma per scoprire i mali costumi dei fiori. Entrando in un cimitero, Palazzeschi cataloga filosoficamente le facce dei morti, contratta uno scheletro e se ne ritorna con un teschio sotto il braccio, mangiando delle caldarroste nel piú nostalgico dei tramonti. L'ingegno di Palazzeschi ha per fondo una feroce ironia demolitrice che abbatte tutti i motivi sacri del romanticismo: Amore, Morte, Culto della donna ideale, Misticismo ecc.

 

L'opera di Aldo Palazzeschi (come quella, pure audacissima, di Corrado Govoni) costituisce gran parte della poesia futurista: la parte distruggitrice, quella che G. A. Borgese, conversando recentemente con me a Roma, definiva con acume «la critica parodistica del romanticismo». Coll'apparente incoscienza d'un bambino, guidato però da un fiuto sicuro, il poeta Palazzeschi ha insegnato all'Italia, a ridere allegramente dei professori, infischiandosene, meglio e piú d'ogni altro, di tutte le regole, di tutti i divieti stilistici e linguistici. E lasciatemi divertire è il piú bel trattato d'arte poetica, e insieme lo schiaffo piú poderoso che abbiano mai ricevuto in faccia i passatisti d'Italia. Spirito rivoluzionario e assolutamente futurista in tutte le sue opere, Palazzeschi diede, nel suo Codice di Perelà, il primo romanzo sintetico, senza legami né ponti esplicativi, senza quei capitoli grigi pieni di belle zeppe necessarie, nelle quali Flaubert si rammaricava di aver sciupato tanto ingegno.

 

Questa sincerità assoluta, unita ad un profondo disprezzo per ogni armonia tradizionale hanno spinto Palazzeschi ad usare coraggiosissimamente dell'onomatopea. Egli obbedisce in ciò ad un naturale desiderio di nutrire con elementi brutali di vita la sua ispirazione lirica, liberandola da ogni solennità scolastica. È per questo che la Fontana malata segna, per me, una data importantissima nella letteratura italiana. I suoi «Clof, clop, cloch, cloffete, chchch...» sono senza dubbio i primi sputi gloriosi che il Futurismo ha lasciato cadere sul ridicolo Altare dell'Arte coll'A maiuscolo. "