gioielli vintage della prima metà  del 900 la pietra è creata in laboratorio con la stessa materia del rubino e all'esame con macchinario gemmologico da rubino, ma il fatto che alla lente sia privo di imperfezioni determina la sua probabile natura sintetica

Anello in argento primi 900 con rubino creato in laboratorio da 7.5ct

Il primo rubino sintetico della storia fu realizzato dal chimico francese Auguste Verneuil nel 1902, e così come per lo zaffiro, il diamante e altri minerali, anche per il rubino l'intenzione di produrlo artificialmente nasceva inizialmente con intenti nobili.

La bellezza e la preziosità dei rubini hanno da secoli stimolato la creatività di molti uomini. Già in antichissimi papiri egiziani si trovano antiche formule per colorare di rosso le gemme naturali e farle diventare simili al rubino.


Sono state anche ritrovate paste vitree fuse, di aspetto simile al rubino, incastonate in alcuni gioielli micenei ed egiziani.

Il  metodo con crogiuolo con sali fusi non sfociò mai in un successo commerciale, ma un altro chimico francese, Auguste Verneuil - e il suo nome rimarrà famosissimo nel campo delle gemme sintetiche - subentrato a Feil, sviluppò dalle ricerche di Frémy un processo nuovo e rivoluzionario che brevettò nel 1891 e annunciò ufficialmente nel 1902. Nel metodo Verneuil, detto anche “di fusione alla fiamma” il monocristallo cilindrico di rubino – chiamato “boule” si forma, in un forno, più velocemente, grazie alla caduta di una polvere dall’alto con un procedimento che ricorda la formazione delle stalagmiti. Possono avere questa origine, oltre ai corindoni di tutti i colori, anche gli spinelli. Questo metodo, negli elementi essenziali, viene usato ancora oggi per la produzione di molte pietre create, perché rapido ed economico. I rubini ottenuti con questo metodo hanno una forma cristallina caratteristica, sono trasparenti e il loro aspetto ricorda quello del vetro. Vengono usati per articoli da bigiotteria, orologi e apparecchi scientifici.

le prime sperimentazioni per ottenere un “vero” rubino sintetico di cui si abbia testimonianza, furono effettuate nel 1869 da Marc Gaudin, che riuscì a produrre minuscole lamelle di rubino cristallizzato in un crogiuolo di argilla. L’esperienza non ebbe alcuna rilevanza commerciale, ma di fatto era l’inizio della storia delle gemme sintetiche per uso gioielleria.


Nel 1878 i chimici francesi E. Frémy e C. Feil annunciarono su un periodico scientifico edito in Francia la creazione di cristalli di rubino di grandezza e trasparenza tali da poter essere utilizzati in gioielleria. Il metodo di Frémy consisteva nel fatto di sciogliere ad alta temperatura i componenti del rubino in un crogiuolo in modo da ottenerne, dopo una lenta crescita, il cristallo.


Dopo Verneuil, la sfida per ottenere rubini sintetici perfetti continuava, e negli anni successivi furono compiute diverse ricerche per scoprire nuovi metodi di crescita.


nel 1917 il prof. Czochralski scoprì un metodo - che porta il suo nome - per produrre cristalli di rubino sintetico di qualità migliore dei Verneuil.

Nei primi anni sessanta si svilupparono nuovi studi per ottenere risultati ancora più soddisfacenti. Uno

dei primi metodi brevettati – e siamo nel 1963 – fu quello del professore statunitense J.P. Rameika.

Fino al 1980 si scoprirono oltre trenta differenti processi di crescita di cristalli di corindone risultanti da una miscela di sali fusi denominata genericamente “metodo flux o da fondente”.

Ogni processo differiva leggermente dall’altro per le condizioni di crescita e per le composizione dei sali fusi, ma questo metodo è ancora oggi il migliore per ottenere cristalli di rubino sintetico con caratteristiche chimiche, fisiche e ottiche del tutto simili ai naturali: l’obiettivo era stato pienamente raggiunto.


​Lo studio di questi metodi era comunque inizialmente finalizzato ad applicazioni industriali sofisticate, come laser o semiconduttori, ma nei primi anni ’80 cominciarono ad affermarsi anche produttori che creavano gemme da impiegare in gioielleria come Chatham o Kashan in USA, Knischka in Austria, Douros in Grecia e Kyocera, con la brand “Inamori”, in Giappone.All’inizio del 1983 fu dato ufficialmente l’annuncio della nascita di un nuovo Rubino creato con il metodo flux dalla Ramaura, divisione della Overland Gems Inc. di Los Angeles, California

I rubini di sintesi Ramaura sono nati dall’ingegno di una donna, Judith A.Osmer, una brillante scienziata che aveva lavorato per molti anni come assistente di Charles Townes, uno degli inventori del primo laser a rubino. Per ottenere gemme perfette la Osmer, per lungo tempo, aveva studiato la formazione dei rubini naturali e sperimentato le tecniche di cristallizzazione del rubino da soluzioni di sali fusi ad alta temperatura (come i magmi vulcanici) per poi finalmente ottenere il miglior metodo di cristallizzazione del rubino, l’unico per autonucleazione, fino a tutt’oggi ancora insuperato.


LA STORIA DEL RUBINO SINTETICO

La bellezza e la preziosità dei rubini hanno da secoli stimolato la creatività di molti uomini. Già in antichissimi papiri egiziani si trovano antiche formule per colorare di rosso le gemme naturali e farle diventare simili al rubino.


Sono state anche ritrovate paste vitree fuse, di aspetto simile al rubino, incastonate in alcuni gioielli micenei ed egiziani.


Il metodo con crogiuolo con sali fusi non sfociò mai in un successo commerciale, ma un altro chimico francese, Auguste Verneuil - e il suo nome rimarrà famosissimo nel campo delle gemme sintetiche - subentrato a Feil, sviluppò dalle ricerche di Frémy un processo nuovo e rivoluzionario che brevettò nel 1891 e annunciò ufficialmente nel 1902. Nel metodo Verneuil, detto anche “di fusione alla fiamma” il monocristallo cilindrico di rubino – chiamato “boule” si forma, in un forno, più velocemente, grazie alla caduta di una polvere dall’alto con un procedimento che ricorda la formazione delle stalagmiti. Possono avere questa origine, oltre ai corindoni di tutti i colori, anche gli spinelli. Questo metodo, negli elementi essenziali, viene usato ancora oggi per la produzione di molte pietre create, perché rapido ed economico. I rubini ottenuti con questo metodo hanno una forma cristallina caratteristica, sono trasparenti e il loro aspetto ricorda quello del vetro. Vengono usati per articoli da bigiotteria, orologi e apparecchi scientifici.

Ma le prime sperimentazioni per ottenere un “vero” rubino sintetico di cui si abbia testimonianza, furono effettuate nel 1869 da Marc Gaudin, che riuscì a produrre minuscole lamelle di rubino cristallizzato in un crogiuolo di argilla. L’esperienza non ebbe alcuna rilevanza commerciale, ma di fatto era l’inizio della storia delle gemme sintetiche per uso gioielleria.

Nel 1878 i chimici francesi E. Frémy e C. Feil annunciarono su un periodico scientifico edito in Francia la creazione di cristalli di rubino di grandezza e trasparenza tali da poter essere utilizzati in gioielleria. Il metodo di Frémy consisteva nel fatto di sciogliere ad alta temperatura i componenti del rubino in un crogiuolo in modo da ottenerne, dopo una lenta crescita, il cristallo.


Dopo Verneuil, la sfida per ottenere rubini sintetici perfetti continuava, e negli anni successivi furono compiute diverse ricerche per scoprire nuovi metodi di crescita.

Nel 1917 il prof. Czochralski scoprì un metodo - che porta il suo nome - per produrre cristalli di rubino sintetico di qualità migliore dei Verneuil.

Nei primi anni sessanta si svilupparono nuovi studi per ottenere risultati ancora più soddisfacenti. Uno

dei primi metodi brevettati – e siamo nel 1963 – fu quello del professore statunitense J.P. Rameika.


Fino al 1980 si scoprirono oltre trenta differenti processi di crescita di cristalli di corindone risultanti da una miscela di sali fusi denominata genericamente “metodo flux o da fondente”.

Ogni processo differiva leggermente dall’altro per le condizioni di crescita e per le composizione dei sali fusi, ma questo metodo è ancora oggi il migliore per ottenere cristalli di rubino sintetico con caratteristiche chimiche, fisiche e ottiche del tutto simili ai naturali: l’obiettivo era stato pienamente raggiunto.


​Lo studio di questi metodi era comunque inizialmente finalizzato ad applicazioni industriali sofisticate, come laser o semiconduttori, ma nei primi anni ’80 cominciarono ad affermarsi anche produttori che creavano gemme da impiegare in gioielleria come Chatham o Kashan in USA, Knischka in Austria, Douros in Grecia e Kyocera, con la brand “Inamori”, in Giappone.All’inizio del 1983 fu dato ufficialmente l’annuncio della nascita di un nuovo Rubino creato con il metodo flux dalla Ramaura, divisione della Overland Gems Inc. di Los Angeles, California.


I rubini di sintesi Ramaura sono nati dall’ingegno di una donna, Judith A.Osmer, una brillante scienziata che aveva lavorato per molti anni come assistente di Charles Townes, uno degli inventori del primo laser a rubino. Per ottenere gemme perfette la Osmer, per lungo tempo, aveva studiato la formazione dei rubini naturali e sperimentato le tecniche di cristallizzazione del rubino da soluzioni di sali fusi ad alta temperatura (come i magmi vulcanici) per poi finalmente ottenere il miglior metodo di cristallizzazione del rubino, l’unico per autonucleazione, fino a tutt’oggi ancora insuperato.

Ultimamente si è aperto un nuovo capitolo nella storia dei rubini di sintesi, con la realizzazione dei Rubini Malossi: gemme con caratteristiche particolari, di colore intenso e delicate inclusioni, molto simili alle naturali. Nascono da una miscela di corindone naturale e altri componenti che cristallizzano con il metodo Czochralski; in un secondo tempo vengono sottoposti ad un lungo procedimento che crea le inclusioni interne per quello speciale “effetto seta”.

Impreziositi da quel fenomeno così raro in natura, l’asterismo, sono stati da poco creati i Rubini sintetici Stellati: una stella a sei punte di luce bianca, indotta all’interno della gemma, sembra danzare sulla superficie del cabochon seguendo l’occhio di chi la osserva. Sono gli unici rubini di sintesi che presentano questo fenomeno mantenendo intatta la trasparenza della gemma.

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