Il Tempo Che Fu



Preziosa ottocentina allegorico - caricaturale

 

Tema:

Due vecchi liberali: il Generale Carlo Zucchi, commissario straordinario al ministero delle armi voluto da Pellegrino Rossi, a Bologna; il duca Massimo di Rignano, creatura e amore del Conte Rossi, a Roma in sostituzione del Generale al ministero

 

Bella e rara incisione all'acquaforte di satira pungente e dissacrante

sui Moti del 1848, detti anche Rivoluzione del '48 o Primavera dei Popoli,

che sconvolsero l'Italia e tutta l'Europa nel 1848 e 1849.

 

Estratta dall'introvabile: 

 

Don Pirlone a Roma.

Memorie di un Italiano dal 1°settembre 1848 al 31 dicembre 1850.

 

Autore: Michelangelo Pinto

Editore: Alessandro Fontana

Anno di pubblicazione: 1851

 

DON PIRLONE - 003/XXXVII

 

Dimensioni

Cm 22,00 x 16,00




 

 


Qualora vogliate delle scansioni migliori contattateci, soddisferemo ogni vostra richiesta.

 

Contesto storico:

 

I moti del 1848, detti anche rivoluzione del '48 o Primavera dei popoli furono un'ondata di moti

rivoluzionari borghesi che sconvolsero l'Europa nel 1848 e nel 1849.

Scopo dei moti fu abbattere i governi della Restaurazione per sostituirli con governi liberali.

Il loro impatto storico fu così profondo e violento che nel linguaggio corrente è entrata in uso l'espressione

«fare un quarantotto» per sottintendere una improvvisa confusione e scompiglio.

La prima agitazione europea del 1848 si verificò in Italia: la rivoluzione siciliana che esplose il 12

gennaio di quell'anno, che rappresentò la prima miccia dell'esplosione europea. L'insurrezione siciliana,

infatti, spinse in un primo momento i Borbone a concedere il ritorno nell'Isola alla costituzione del 1812.

Seguì una rivoluzione a Napoli, il 27, che costrinse, due giorni dopo, Ferdinando II a promettere una

Costituzione, promulgata l'11 febbraio. Lo stesso 11 febbraio Leopoldo II di Toscana, cugino primo

dell'imperatore Ferdinando I d'Austria, concesse la Costituzione, nella generale approvazione dei suoi

sudditi. L'esempio borbonico fu seguito da Carlo Alberto di Savoia con lo Statuto Albertino e da Papa

Pio IX con lo Statuto Fondamentale. Solo il re piemontese mantenne però lo Statuto. In Sicilia il

parlamento proclamò in marzo l'indipendenza, che sarebbe durata fino al maggio 1849. Nel napoletano la

concessione e la successiva repressione delle libertà costituzionali, portò dal maggio al settembre di

quell'anno a una serie di moti.

In tutto il Regno Lombardo-Veneto scoppiarono rivolte, come le Cinque giornate di Milano che

sfociarono nella prima guerra di indipendenza. Nello Stato Pontificio una rivolta interna estromise papa

Pio IX dai suoi poteri temporali e portò alla costituzione della Repubblica Romana.

La rivoluzione delle Cinque giornate di Milano e altre proteste indussero il Re Carlo Alberto a

dichiarare guerra all'Austria. Le truppe vennero presto sconfitte e solo quelle francesi poterono far

retrocedere gli austriaci. La successiva ascesa al trono di Vittorio Emanuele II fece del Piemonte il

motore propulsore del processo di unificazione italiana che tuttavia si sarebbe ottenuto solo nel 1861.

Per quanto i Moti del ’48 furono sedati abbastanza velocemente, le vittime furono decine di migliaia: il

destino della democrazia europea ci è sfuggito di mano dichiarerà Pierre-Joseph Proudhon. Gli storici

concordano che la Primavera dei popoli fu, alla fin fine, soprattutto un sanguinoso fallimento, se si eccettua

la concessione dello Statuto Albertino nel Regno di Sardegna da parte di Carlo Alberto di Savoia,

l'unica costituzione non revocata di quelle concesse o votate nel 1848-49.

Vi furono tuttavia radicali e notevoli effetti a lungo termine: Germania e Italia sarebbero presto arrivate

all'unificazione facendo leva anche sulla necessità di autodeterminazione dei popoli. Analogamente

l'Ungheria sarebbe giunta ad un parziale riconoscimento della propria autonomia (a discapito della

popolazione slava) grazie all'Ausgleich del 1867. In Prussia e Austria fu abolito il 

feudalesimo, mentre in Russia fu eliminata la servitù della gleba nel 1861.

Tavola allegorico - caricaturale sullo stato dell’Italia del tempo, incisione su rame ricca di significato e

rappresentazione mediante satirica dissacrante della condizione della nostra penisola oppressa.

Le tavole dell'opera furono in parte riprese dal giornale romano Don Pirlone, quotidiano, uscito dal 1

settembre 1848 al 2 luglio 1849 (con una interruzione dl 29 aprile al 7 maggio 1849), ma in parte furono

realizzate appositamente per questa opera.

Tra gli incisori sono presenti anche i nomi di Ratti, Vaiani, Monneret, Gallucci, Pichi, Masutti. Il titolo Don

Pirlone deriva quasi sicuramente da una maschera creata dallo scrittore satirico Girolamo Gigli (1660 -

1722). Si trattava di una specie di Tartufo molieresco, ispirato ad una figura reale, il canonico Feliciati di

Sarteano. Nei tre volumi l'avvocato Michelangiolo Pinto raccolse tutto il pubblicato del giornale, che fu il

più temuto e allo stesso tempo il più apprezzato tra i molteplici giornali satirici che si pubblicavano nella

Roma di Pio IX all'epoca delle grandi riforme volute dal Papa. I romani gli dedicarono perfino una canzone

(Davanti un numero di gran persone - che mi salutano Viva Pirlone!). Anche gli avversari politici ne

riconobbero l'efficacia e la bellezza delle tavole.

Il 22 marzo 1849 apparve con il cappello frigio per incitare alla resistenza contro i francesi.

Il Pinto, nato a Roma nel 1818, spentosi nel 1910, già comproprietario ed articolista del celebre periodico

satirico "DonPirlone", riparò a Torino dopo la caduta della Repubblica Romana; scrivendo la presente

opera egli vi trasfuse lo stesso mordace spirito polemico che aveva animato il quasi omonimo periodico:

"Edotti dall'esperienza, sappiamo quale profonda traccia lascino nell'animo umano gli incancellabili colpi

del ridicolo".

Bertarelli, 6395. Bibliogr. d. età del Risorgimento, II, 249.





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